Quando toccheremo il fondo?

Sul concorsone, una lettera aperta, che si legge su ROARS: ”

Egregio Signor Ministro Profumo,

essendo un’insegnante precaria semi-occupata non ho avuto molta difficoltà a trovare il tempo per scriverLe nella speranza di liberarmi di tutto il livore di cui Lei purtroppo è il motivo. Non me ne voglia, ma dopo un Ministro della Pubblica Istruzione che ha ritenuto possibile incrementare il sapere scientifico degli Italiani sottraendo spazio alla conoscenza della lingua italiana, credevo che nel mondo della scuola il fondo fosse stato toccato e che nessuno avrebbe potuto far peggio di chi L’ha preceduta. Lei invece è riuscito a sorprendermi inventandosi questa trovata del concorsone che mette in palio nientemeno che 11.542 posti e cattedre di personale docente; in verità si tratta di ben poca cosa se si considera che questa cifra va distribuita su tutto il territorio nazionale e fra le scuole di ogni ordine e grado.”

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La scuola, le occupazioni e chi non le capisce

Da Il Fatto Quotidiano, un ragionamento sulle occupazioni (si legge qui): “C’è gente che va in giro a dire che occupare le scuole non cambierà le sorti di questo paese, dicono che è solo un modo per defilarsi da noiose lezioni e pericolosi compiti in classe. C’è addirittura chi sostiene che sia una pratica dannosa. […] Con la condivisione siamo cresciuti in tanti ed in tanti abbiamo acquisito consapevolezza sul mondo che ci circonda, sul sistema imposto e sulle schifezze del passato, del presente e del futuro. Occupare, stare insieme, parlare, condividere, progettare e fare la scuola che si desidera sono pratiche che tengono in vita ed alimentano questa consapevolezza. Magari il mondo non è cambiato e probabilmente il sistema scolastico di questo paese è addirittura peggiorato ma di una cosa sono certo: reprimere la protesta corrisponde ad una morte lenta e dolorosa di tutte le piccole speranze che ci tengono in vita.”

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Assemblea nazionale precari università, Roma 7 dicembre

Da Coordinamento Nazionale, un invito FLC-CGIL:

Care precarie e cari precari, vi invitiamo a partecipare all’assemblea nazionale dei precari della conoscenza che si terrà venerdì 7 Dicembre 2012 a Roma, dalle 10.30 alle 17.30, presso l’ITT C. Colombo in via Panisperna 225.

La scuola, l’università e la ricerca pubblica, così come i settori della scuola non statale, della formazione professionale e di quella artistica e musicale sono stati gravemente colpiti dai provvedimenti del governo attuale e di quello che lo ha preceduto. In questo scenario disastroso all’instabilità politica, economica e sociale del nostro paese corrisponde una sola condizione stabile: la precarietà del nostro lavoro. Continue reading

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Una controriforma che soffoca l’università

Un articolo de Il manifesto che si interroga su cosa stia succedendo nelle università con la scomparsa della figura del ricercatore, che si legge qui: “Eliminare la figura del ricercatore a tempo indeterminato è come immaginare un’università di soli professori, un’amministrazione pubblica fatta di soli dirigenti o un giornale fatto di soli direttori. Così dilaga la precarietà e la fuga dei cervelli […] Non si può assistere inerti ad una situazione così insostenibile. Occorre una mobilitazione dell’intero mondo accademico e della società civile, che esiga una vera e propria rivoluzione copernicana delle recenti politiche dell’Università, per restituire ai giovani studiosi e, quindi, alla didattica e alla ricerca stesse, un futuro.”

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La meritocrazia dei liberisti

Di cosa parliamo quando parliamo di meritocrazia? Un articolo da ROARS, che si legge qui: “Resta il fatto che la istruzione assume il ruolo di leggittimatore in ultima istanza delle disuguaglianze, con una radicale inversione di senso rispetto ai classici dell’illuminismo (Condorcet), ma anche rispetto ad Adam Smith, per cui il compito fondamentale dell’istruzione  pubblica era il contrastare proprio il formarsi e il consolidarsi delle disuguaglianze, l’estendersi puro e semplice del mercato alla società tuta intera.”

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Il ventennale assalto all’istruzione pubblica

Un articolo dal blog La furia dei cervelli, che si legge qui: “La classe operaia non va al liceo. E i figli del ceto medio ci pensano due volte (esattamente nel 50% dei casi) ad avventurarsi tra i corsi dell’università. […] L’incertezza del futuro che oggi alligna tra i diplomati, ma anche tra chi è appena entrato nella scuola superiore, come hanno dimostrato i ragazzi che hanno manifestato nell’autunno 2012 contro il governo Monti, è dato dalla consapevolezza del fallimento di un sistema, noto in tutte le famiglie italiane, del ceto medio e non solo. A questa crisi la classe dirigente, e lo Stato, hanno reagito in maniera inquietante. Come mai, davanti alla necessità di aumentare gli investimenti per la formazione e la qualificazione del lavoro cognitivo, è in atto in Italia un progressivo definanziamento dell’istruzione pubblica?”

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Stereotipi di genere e scelte educative

Qualche fonte per discuterne, oltre a quelle già elencate in qualche vecchio post. “The cost of acting girly“; il database Prages e il progetto Stages dell’Unione Europea,

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Semo venuti già menati – 24N_Roma

25 Novembre – Teatro Valle Occupato e Cinema Palazzo con gli studenti. Ecco il video.

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Le nostre lotte faranno scuola!

Appello alla mobilitazione per il 5 e 6 dicembre, Rete della Conoscenza: “Le date del 5 e del 6 hanno un significato importante. Per anni si sono contrapposti i diritti dei “garantiti” alla precarietà dei non garantiti, individuando nelle garanzie degli uni la causa dell’insicurezza degli altri. Ora questa divisione è andata cadendo a causa della crisi, dell’austerità e delle riforme del governo. L’aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile, la precarietà che non si sostanzia solo nelle forme contrattuali, ma si manifesta ogni giorno come un male latente. É la precarietà esistenziale, condizione materiale e psicologica tristemente propria oggi di milioni di persone nel nostro paese un numero insostenibile, che delinea i contorni di una crisi generazionale senza precedenti. Questa incertezza riguardo al futuro ormai si è estesa a tutta la società italiana ed è stata utilizzata a lungo come deterrente, come strumento per mettere a tacere le proteste, in una falsa ottica di unità nazionale, in cui tutti devono concorrere a tenere a galla la barca. Una retorica che non possiamo più accettare: il 5 e il 6 è necessario scendere in piazza per dimostrare come i sacrifici che ci vengono chiesti non siano l’unica soluzione possibile, ma come attraverso i saperi, liberi dagli interessi del mercato, sia possibile costruire e creare un cambiamento.”

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Le prospettive economiche dei giovani schizzinosi

“La bassa dotazione di capitale umano spiega in misura significativa anche la bassa produttività del lavoro in Italia. Bisognerebbe invertire la tendenza. Ma purtroppo la ‘storica’ dichiarazione di Tremonti – “con la cultura non si mangia” – sembra aver trovato proseliti anche nel governo Monti.” Un articolo da MicroMega che si legge a questo link.

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