Da Repubblica.it
Bicocca, in azione una task force per i furbetti delle borse di studio
L’università milanese ha già scoperto 26 casi di guadagni oltre il consentito. Si va da chi aveva una seconda occupazione e lo ha tenuto nascosto, a chi ha lavorato 12 ore al giorno in ateneo. Di LUCA DE VITO
Caccia ai furbetti delle borse di studio. È quella aperta in Bicocca, dove l’università ha deciso di mettere sotto la lente d’ingrandimento i guadagni dei precari con borse di studio, per verificare se ci siano dichiarazioni false o irregolarità. A chi ha sgarrato, l’ateneo sta inviando in questi giorni una lettera per chiedere la restituzione delle borse e il pagamento di una sanzione pari alla stessa cifra. A disposizione trenta giorni di tempo, per pagare o per presentare ricorso. Ma la multa non è l’unico rischio che corre chi ha ricevuto l’avviso: l’università è infatti tenuta a segnalare i trasgressori i quali, secondo i termini di legge, rischiano di incappare nel reato di falso in atto pubblico.
Le verifiche vengono fatte in base al decreto 445 del 2000, il testo unico in materia di documentazione amministrativa. Da quando l’Agenzia delle entrate ha consentito l’accesso ai propri archivi elettronici alle università, la Bicocca ha effettuato circa cinquecento controlli sui modelli 730 dei dottorandi degli ultimi anni, scoprendo almeno 26 casi di sforamento del reddito aggiuntivo consentito. Si tratta di persone che nell’autocertificazione Isee hanno dichiarato guadagni inferiori al reddito massimo consentito dalla Bicocca per accedere alla borsa di studio. L’università ha ora la facoltà di rivendicare la restituzione delle somme erogate, che vanno dai 10mila ai 20mila euro all’anno.
Nelle maglie dei controlli ci stanno finendo le casistiche più disparate. Da chi aveva una seconda occupazione e lo ha tenuto nascosto, a chi ha lavorato 12 ore al giorno in università e ha sforato di poche migliaia di euro, per altro con progetti di ricerca vinti a livello internazionale che hanno portato guadagni anche all’ateneo. Secondo i vertici dell’università è tutto regolare e, soprattutto, legittimo. «Stiamo effettuando dei controlli come previsto dalle legge e dall’applicazione dei principi di efficacia e efficienza amministrativa — spiega Candeloro Bellantoni il direttore amministrativo della Bicocca — Tutte le somme recuperate saranno investite per il finanziamento di provvedimenti a sostegno di chi ne ha diritto».
Ma da quando sono arrivate le prime lettere, tra i giovani ricercatori si sta diffondendo il panico. Il provvedimento rischia di decimare la categoria dei giovani ricercatori precari. I quali, seppur formalmente risultano essere poco più che studenti, di fatto mandano avanti la ricerca e parte della didattica. E nei corridoi dei dipartimenti comincia a circolare il sospetto che quello dell’ateneo sia solo un modo per fare cassa.
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Se anche tu sei stato colpito da questo provvedimento, contattaci a questo indirizzo. Stiamo lavorando con un legale per capire le possibili irregolaritá del procedimento seguito dalla Bicocca. 4521325@gmail.com
Qualche inesattezza nell’articolo.
1. Si confondono le certificazioni ISEE legate alle borse di studio per gli studenti (basate sul reddito) con le autocertificazioni rispetto ai vincoli di reddito delle borse per merito (dottorato e assegni di ricerca).
2. Mancano i dati sulle cifre di borse e assegni e sui vincoli di reddito.
3. Non accettiamo di essere considerati “furbetti”. Furbetto è chi cerca di accaparrarsi più soldi del dovuto, aggirando la legge, non chi integra un magro stipendio.