Cambiare le regole mentre il gioco è in atto?
I concorsi universitari a cattedra – I sessione 2008
I concorsi a cattedra banditi nel 2008, congelati, sono stati riattivati nel 2009 da un decreto del ministro Gelmini.
La modifica delle regole per l’elezione delle commissioni giudicatrici crea un evidente caso di cambiamento delle regole mentre il gioco è già in atto. Le regole erano state fissate nei bandi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
E’ noto che le vecchie regole per l’elezione delle commissioni giudicatrici erano degne di una “università-pantano, ostaggio dei micropoteri” (cfr. intervista a S. Settis su “L’Espresso”, 13 nov. 2008) e producevano il “localismo delle carriere” (B. G. Mattarella, ivi, 20 nov. 2008). Nell’immaginario collettivo, e non solo, i concorsi sono invariabilmente “truccati” (A. Sindoni, “Gazzetta del Sud”, 5 apr. 2008), e inquinati di “familismo” e di “localismo”.
La grande novità del decreto Gelmini è il sorteggio dei commissari da una lista di eletti. In realtà non si tratta di una grande novità: nell’ultimo cinquantennio si è tentato di tutto, voto, sorteggio, sorteggio dopo il voto, sorteggio e poi il voto, lista aperta, lista chiusa, maturi, 1 idoneo, 3 idonei, e via di questo passo.
La sbandierata novità avrà effetti assai limitati sul merito, ma forse qualche baronia resterà un po’ scompigliata, qualche altra, rimasta fuori dagli accordi, potrà rientrare in gioco. Il baronato non sarà minimamente scalfito, ma qualche piccola sorpresa potrà esserci.
In ultima analisi però, le nuove disposizioni del ministro Gelmini sono un “inaccettabile monstrum giuridico” che consente lo svolgimento di concorsi già banditi, ribaltandone le regole già stabilite. E’ stato scritto che “i casi sono due: o resta in vigore tutta la precedente normativa sulla cui base sono stati a suo tempo pubblicati i bandi di concorso, ovvero si riaprono i termini già scaduti dei vecchi bandi. Tertium non datur” (C. Zaccagnini, Università L’Orientale di Napoli, “La Repubblica”, 16 novembre 2008). Con somma ipocrisia e altrettanta astuzia il ministero ha passato il cerino ai rettori, dando loro facoltà di riaprire i termini: i rettori se ne sono guardati bene. Così il monstrum risulta l’unico vincitore.Le conseguenze:
Sebbene evidentemente i nuovi meccanismi non garantiscano una maggiore equità e giustizia, forse qualche sorpresa avrebbe potuto darsi. A condizione che fosse data la possibilità di competere, oltre ai candidati predestinati, designati dalle facoltà, ben protetti dalle vecchie regole, anche ad altri. In particolare a coloro che, privi della fortuna e dell’onore di un concorso bandito su misura, hanno rinunciato a presentare domanda, consapevoli dell’avversità del sistema. La partecipazione ai concorsi è assai costosa in termini di tempo e di denaro: lo è ancora di più se si ha la certezza dell’inutilità.Riassumendo:
I concorsi banditi nel 2008, secondo una consuetudine consolidata, erano stati confezionati su misura.
A termini scaduti per la presentazione delle domande di partecipazione, sono state cambiate le regole.
Solo i “predestinati”, potranno essere esaminati ed avranno probabilità di successo.
Chi ha rinunciato a presentare domanda quando le regole erano quelle dell’“università-pantano”, non avrà nessuna, pur modestissima opportunità.
Le nuove regole vorrebbero dare una falsa apparenza di presentabilità ad una operazione impresentabile. Il rifiuto dei rettori di riaprire i termini per le domande smaschera, forse involontariamente, l’ipocrisia del governo, che evita di assumere una decisione che gli compete in prima persona.
Presentare questo ribaltone come un tentativo di introdurre, anzi di imporre criteri di equità a garanzia della meritocrazia (le nuove regole, secondo il ministro Gelmini impedirebbero di “predeterminare l’esito dei concorsi” e incoraggerebbero “un più ampio numero di candidati a partecipare”), è dunque una sfacciata operazione demagogica.
Ivano Tognarini, Università di SienaFirenze, 5 marzo 2010