Articolo Giavazzi sul Corriere (comunque interessante)

I COMPORTAMENTI DA CAMBIARE
PROVA DI VERITA’ PER GLI ATENEI
di FRANCESCO GIAVAZZI

La legge finanziaria dello scorso anno ha ridotto drasticamente i finanziamenti alle università: meno 10% circa nel 2010, fino al 18% l’anno successivo. E’ evidente che con le regole attuali, e con il 18% di finanziamenti in meno, la maggior parte delle università chiuderebbe. Non penso fosse questa l’intenzione del governo, bensì quella di obbligare i nostri atenei a modificare radicalmente i loro comportamenti e ad adottare riforme profonde.

Tre sono i problemi da affrontare: 1) cambiare la governance delle università. Oggi i rettori sono eletti da una platea amplissima che include anche i bidelli. Una volta eletti, non sono liberi perché debitori dei loro grandi elettori. Sono anche «irresponsabili » perché controllano il cda delle università, l’organo che in teoria dovrebbe valutarli;2) ripensare i criteri con cui sono ripartiti i finanziamenti, perché se i tagli colpissero nello stesso modo atenei buoni e cattivi, il risultato sarebbe un decadimento generale della didattica e della ricerca. Per farlo occorre mettere in piedi un buon sistema di valutazione; 3) correggere le modalità di reclutamento dei professori perché i concorsi pubblici hanno fallito e si sono dimostrati non riformabili.

In questo primo anno il ministro Gelmini ha preso qualche decisione coraggiosa: in autunno ha bloccato una tornata di concorsi che si preannunciava tutta truccata (ma dopo aver cambiato con un decreto le regole per la scelta delle commissioni, di quei concorsi non si sa più nulla); ha deciso che il 5% dei fondi pubblici per il corrente anno accademico (l’ anno è praticamente finito, ma i fondi alle università non sono ancora stati assegnati) venga ripartito sulla base dei risultati della ricerca.

Il ministro ha anche preparato un disegno di legge (circola in rete) che innova le modalità di reclutamento, eliminando i ricercatori e adottando il metodo, basato sulle effettive attività di ricerca, della tenure track comune nelle migliori università al mondo. (Per capire quanto questo trasformerebbe i nostri atenei, basta paragonarlo con la proposta presentata in Parlamento dal Pd che promuove ope legis professori tutti i ricercatori, anche quelli non confermati.) Ma la legge del ministro Gelmini, annunciata da mesi, viene rimandata di settimana in settimana. Perché?

Un ostacolo sono i gattopardi delle università (rettori e molti professori) che premono perché nulla cambi. Un altro sono i sindacati tetragoni nella difesa dell’ope legis. Un altro infine è il ministro dell’Economia che non rinuncia ai tagli.

Non possiamo fare gli struzzi: anche se le riforme del ministro Gelmini andranno in porto, l’unico modo per tenere aperte le università con i fondi previsti in finanziaria è alzare significativamente le rette degli studenti, introducendo nello stesso tempo borse di studio di pari valore per i meno abbienti. Io sono d’accordo, perché l’università di fatto gratuita è un trasferimento dai
poveri ai ricchi, ma se questa è la strada occorre il coraggio di dirlo. Ciò che non si può fare è aspettare senza far nulla, e lasciare che a novembre le università chiudano.

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