Rapporto sul finanziamento alle scuole private

Pubblichiamo anche sul nostro blog il Rapporto sul finanziamento pubblico alla scuola privata in Lombardia scritto dal
Gruppo Consiliare Regionale di Rifondazione Comunista.

Il collegamento tra università e scuola non è solo necessario ai fini della mobilitazione, ma è importante da tenere presente nelle nostre analisi; è evidente che il disegno governativo è unico, e punta alla svalutazione, all’impoverimento, se non alla distruzione dell’istruzione pubblica.

Da questo link potete scaricare il rapporto in versione pdf: Quelli che la crisi non la pagano.

Più sotto nel post riportiamo l’introduzione del rapporto.


7° Rapporto sul Buono Scuola – Anno Scolastico 2007/2008
Quelli che la crisi non la pagano
Il finanziamento pubblico alla scuola privata in Lombardia
Gruppo Consiliare Regionale di Rifondazione Comunista

 

PRESENTAZIONE
di Luciano Muhlbauer, Capodelegazione Prc nella VII Commissione consiliare

La crisi non è uguale per tutti e nemmeno le ristrettezze dei bilanci pubblici.
E così, mentre la scuola pubblica piange, quella privata, in particolare in
Lombardia, non perde il sorriso. Per la prima ci sono i tagli draconiani della
legge n. 133, ma per la seconda continua a scorrere tranquillamente il finanziamento
pubblico regionale; anzi, questo non smette di aumentare.
Regole e attenzione diverse per il pubblico e per il privato. Questa è la realtà
ormai consolidata nella più ricca e popolosa regione italiana, governata da
quasi 15 anni dallo stesso Presidente e dalla stessa coalizione di centrodestra.
Formigoni e i suoi lo chiamano sussidiarietà, la maggior parte degli italiani
l’aveva conosciuto sotto il nome modello Formigoni, ma nel frattempo,
miracoli della prolungata egemonia politica, è diventato semplicemente il
modello Lombardia.
Il pubblico è brutto, il privato è bello. Il credo liberista predomina anche in
Lombardia e ha conquistato un indubbio consenso maggioritario. Ma cosa
significhi concretamente, in termini di drenaggio di risorse pubbliche verso
interessi particolari, è spesso ignorato dalla grande maggioranza dei lombardi
e delle lombarde. E questo vale soprattutto per la scuola.
È certamente vero che la Regione ha soltanto competenze limitate in materia
di istruzione, ma questo non ha impedito che in questi ultimi anni vi fosse
una crescente attenzione e attività in campo scolastico, provvisoriamente
coronata con l’approvazione, il 27 luglio del 2007, della legge regionale n.
19 (“Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione
Lombardia”). Una legge dalla dubbia legittimità costituzionale e incentrata
sul principio della parificazione tra pubblico e privato. In altre parole, Regione
Lombardia si era posta anticipatamente in sintonia con l’azione dell’attuale
Governo Berlusconi, promotore del più significativo attacco all’istruzione
pubblica degli ultimi decenni.
Infatti, mentre da una parte si tagliano brutalmente gli investimenti nella
scuola e nell’università pubbliche, dall’altra si fornisce una poderosa spinta
verso la privatizzazione del sistema. Per quanto riguarda le università, il principio privatizzatore è già legge dello Stato, con l’articolo 16 della legge n. 133
del 6 agosto 2008, mentre per quanto riguarda le scuole è stato depositato in
Parlamento un apposito disegno di legge, a firma dell’On. Valentina Aprea,
Presidente della Commissione VII (Istruzione) della Camera dei Deputati.
In ambedue i casi la parola d’ordine è: trasformare l’istituzione pubblica in
fondazione di diritto privato (vedi Allegato 2).
Ma torniamo alla Regione Lombardia, dove la vera cartina di tornasole è costituita
dal cosiddetto buono scuola, una sorta di sussidio erogato da Regione
Lombardia alle famiglie degli studenti delle private, finalizzato a coprire una
quota delle spese scolastiche. Cioè un finanziamento pubblico indiretto, ma
esclusivo, alla scuola privata, che assorbe la grande maggioranza delle risorse
regionali destinate alla scuola.
Il Gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista, sin dal 2002,
elabora ogni anno un’analisi dettagliata dei dati forniti dall’Assessorato regionale
all’Istruzione relativi all’erogazione del buono scuola. E ogni anno denunciamo
pubblicamente quello che riteniamo, dati alla mano, un autentico
scandalo e una politica lesiva dell’interesse generale. Qualche volta la nostra
denuncia trova spazi sugli organi di informazione, altre volte no. Sempre e
comunque gli uomini del Presidente Formigoni ci coprono di accuse e invettive
di ogni tipo, ma mai ci hanno contestato i numeri e i fatti.
Il presente dossier rappresenta dunque l’unico rapporto di minoranza esistente
sui 45 milioni di euro erogati per il buono scuola 2007-2008. E questa volta,
anche alla luce dell’offensiva governativa contro la scuola pubblica, abbiamo
deciso di dargli una forma cartacea più fruibile, di completarlo e di arricchirlo
con qualche altro dato, come quello relativo all’edilizia scolastica. Infatti,
la scuola privata lombarda non gode soltanto dei favori del buono scuola, ma
anche di quelli di altre forme di finanziamento pubblico regionale.

Buono scuola: ai confini della legalità costituzionale
Per poter drenare risorse pubbliche verso le scuole private occorre anzitutto
aggirare un piccolo ostacolo, cioè l’articolo 33 della Costituzione italiana
che afferma perentoriamente che “Enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Detto altrimenti, la
nostra carta costituzionale vieta il finanziamento pubblico diretto alla scuola
privata.
Di conseguenza, al momento dell’istituzione del sussidio – erogato per la prima volta nell’anno scolastico 2001/2002 – , la legge regionale doveva necessariamente
prevedere che il buono scuola fosse accessibile a tutti gli studenti,
sia della scuola statale, che di quella non statale. Ma subito dopo, mediante
le norme applicative, fu definito un tetto di spesa minimo per la retta scolastica,
al di sotto del quale le famiglie non potevano nemmeno fare domanda
per il sussidio. E, guarda a caso, quel tetto escludeva esattamente la quasi
totalità degli studenti delle scuole pubbliche.
Un trucco ai confini estremi della legalità costituzionale, ma altamente efficace, poiché nell’anno scolastico 2007/2008 il 99,01% dei beneficiari del
sussidio risultano essere studenti delle private, che si accaparrano il 99,63%
dei 45 milioni di euro di finanziamento! E la percentuale era praticamente
identica anche negli anni precedenti.
Tuttavia, l’entrata in vigore della l.r. n. 19/2007 eviterà in futuro al governo
regionale il fastidio di doversi inventare dei marchingegni e anche quel
misero 0,99% di studenti di scuole statali non riuscirà più ad accedere al
buono scuola. Infatti, d’ora in poi tutti i contributi e sussidi erogati da Regione
Lombardia, siano essi di provenienza statale o regionale, si chiameranno
dote scuola. Così, tecnicamente parlando, a partire dall’anno scolastico
2008/2009 il buono scuola sarà denominato “dote per la libertà di scelta” e
sarà soltanto una sottocategoria del sistema delle “doti”.
Ecco perché non serve più il vecchio trucco e Fi, An e Lega possono finalmente
gettare la maschera, affermando a chiare lettere che beneficiari della
“dote per la libertà di scelta” possono essere soltanto gli studenti delle scuole
private (Dgr n. 6114 del 12 dicembre 2007).

Come discriminare la maggioranza degli studenti
In Lombardia ben oltre il 90% degli studenti frequentano la scuola pubblica,
ma a loro il bilancio regionale riserva soltanto delle briciole. Per il buono
scuola la Regione ha stanziato 45 milioni di euro, mentre per il diritto allo
studio (l.r. n. 31/1980), destinato alla totalità degli studenti lombardi, soltanto
8,5 milioni. In altre parole, l’investimento regionale pro capite per uno
studente della scuola privata risulta essere di 707 euro e per uno studente
della pubblica nemmeno 8 euro.
Il quadro è ancora più nitido se consideriamo il finanziamento complessivo
del settennio di esistenza del buono scuola (a.s. 2001/2002 – a.s. 2007/2008):
a fronte di 50,7 milioni di euro per il diritto allo studio, troviamo ben 282,4
milioni per il buono scuola.
Le cifre assolute parlano chiaro, ma non dicono tutto. Occorre dunque aggiungere
che nel settennio in esame vi è stato un continuo aumento del
finanziamento regionale per il buono scuola, nell’ordine del 50,15%, mentre
il numero di studenti delle scuole private lombarde è cresciuto soltanto del
16,7%, aumentando di conseguenza sensibilmente il grado di copertura della
popolazione scolastica privata. Detto in numeri, questo significa che nel
2001/2002 il 58% del totale di studenti frequentanti le scuole private era
beneficiario del sussidio, mentre oggi siamo al 70%.

La bufala della “libertà di scelta”
Quanto detto finora sarebbe già ampiamente sufficiente per sostenere che il
buono scuola è una politica che sfacciatamente redistribuisce denaro pubblico
a favore di alcuni interessi privati. Tuttavia, c’è ben altro ancora, un autentico
scandalo nello scandalo.
Il centrodestra lombardo solitamente risponde alla critica di discriminare gli
studenti della scuola pubblica con la tesi che il buono scuola serve per garantire
la “libertà di scelta” delle famiglie lombarde. Cioè il sussidio sarebbe finalizzato a permettere anche a famiglie con modeste possibilità economiche
di accedere alla scuola privata. E per sostenere tale argomentazione la Giunta
regionale usa propagandare i limiti massimi di reddito, oltre i quali non è
possibile fare domanda per il buono scuola, omettendo però di specificare che
non si tratta del reddito dichiarato al fisco, bensì del “reddito ISEE”.
Il reddito Isee (indicatore della situazione economica equivalente) è una sorta
di riccometro, cioè un coefficiente che mette in relazione tra di loro la composizione
e il reddito del nucleo familiare, escludendo però dal calcolo, nel
caso in esame, la situazione patrimoniale. Per poter accedere al buono scuola
la famiglia non deve superare € 8.349 di “reddito Isee” per ottenere il rimborso
del 50% delle spese scolastiche e € 46.598 per il rimborso del 25%.
In altre parole, per quanti non conoscono il metodo di calcolo del “reddito
Isee”, cioè la quasi totalità dei cittadini lombardi, quelle cifre rappresentano
soltanto un immenso porto delle nebbie. Per portare un po’ di luce e
di trasparenza occorre dunque rielaborare tutti i dati relativi ai beneficiari
del sussidio in base al reddito dichiarato al fisco. E il risultato è francamente
disarmante: soltanto il 26,45% delle famiglie beneficiarie dispone di un
reddito annuo basso o medio basso (fino a 30mila euro), mentre il 73,55% dispone di un reddito annuo tra 30mila e 198mila euro! Non a caso, infatti,
soltanto l’11,36% dei rimborsi erogati copre il 50% delle spese scolastiche,
mentre l’88,64% ne copre il 25%.
Visti i criteri elastici di calcolo del “reddito Isee”, non stupisce dunque nemmeno
che tra i beneficiari del sussidio regionale troviamo regolarmente anche
delle famiglie residenti in prestigiose e costose vie del centro di Milano,
come ad esempio via Fiori Chiari, piazza Castello o Galleria San Babila.
Ma appunto, qui non si tratta di sostenere delle famiglie bisognose e tanto
meno di garantire la “libertà di scelta”, ma esclusivamente di trasferire denaro
pubblico alle scuole private. E quindi, chi se ne frega se il contribuente
finanzia un sussidio a delle famiglie benestanti, importante è che il denaro
arrivi a destinazione, cioè alla scuola privata.
Davvero curiosa la morale del centrodestra. Per avere, forse, qualche misero
sostegno da parte della Regione, uno studente della scuola pubblica deve
dimostrare non solo di far parte di una famiglia che versa in condizioni economiche
svantaggiate, ma altresì di essere meritevole, mentre la famiglia di
uno studente della scuola privata ottiene un sussidio per il solo fatto che il
figlio o la figlia frequenta un istituto privato, a prescindere dalle condizioni
economiche e dal rendimento scolastico.

Non solo buono scuola: l’edilizia scolastica
Il buono scuola rappresenta sicuramente l’operazione economicamente più
impegnativa messa in campo dal governo regionale per finanziare la scuola
privata, ma non certo l’unica. Molte sono le voci e i canali e a volte è persino
difficile scovarli. Tuttavia, qui vale la pena citarne almeno uno, perché
riguarda un settore dove la mancanza di fondi e investimenti è ormai drammaticamente cronica: l’edilizia scolastica.
Ogni anno Regione Lombardia eroga finanziamenti, di provenienza sia statale
che regionale, a progetti presentati dagli enti locali per conto delle scuole
pubbliche, destinati soprattutto a ristrutturazioni e messe in sicurezza. Ebbene,
nel 2006 il centrodestra ha introdotto la seguente novità: la Giunta
regionale può destinare una quota fino a un massimo del 25% dello stanziamento
disponibile per interventi decisi sulla base della cosiddetta “programmazione
negoziata”. Cioè, non in base alle normali procedure, ma mediante
una trattativa diretta tra governo regionale ed enti pubblici e privati.
Ovviamente non c’era scritto da nessuna parte che tale quota speciale dovesse servire soltanto alla scuola privata, ma è quello che succede. Infatti, negli
anni 2007 e 2008 sono stati erogati complessivamente 6 milioni di euro in
quota “programmazione negoziata” a favore di 10 progetti, di cui soltanto
uno, del valore di 600mila euro, ha coinvolto un istituto pubblico (per i
dettagli vedi Allegato 1).
Ma, come nel caso del buono scuola, il problema non è soltanto il drenaggio
di denaro pubblico verso la scuola privata, ma altresì la disparità di trattamento.
E così, persino nell’edilizia scolastica vige il principio dei due pesi e
delle due misure. A tal proposito è paradigmatico il caso del finanziamento
concesso alla Fondazione Charis, di area Cl, per un progetto a Crema. Si
tratta di un contributo regionale dell’entità di 4,5 milioni di euro, di cui il
primo milione è già stato erogato nell’anno in corso, per costruire un nuovo
polo scolastico privato.
Ebbene, nel 2008 tutti gli enti locali e le scuole pubbliche sono state informati
dall’Assessorato regionale all’Istruzione che, data la ristrettezza dei
fondi, non era possibile finanziare progetti che implicassero “nuove costruzioni”.
Anzi, progetti di quel genere non sarebbero stati nemmeno presi in
considerazione. E così, diverse scuole pubbliche sono rimaste a bocca asciutta,
come ad esempio il liceo Rebora di Rho (Milano), attualmente disperso
su quattro diverse sedi.
Ma appunto, quello che si nega alla scuola pubblica, si concede invece alla
scuola privata. C’è chi piange e c’è chi ride. E così, la Fondazione Charis,
grazie al generoso contributo della Regione, potrà ora costruire una scuola
nuova di zecca e in futuro attirare nuova clientela con il buono scuola.


Milano, novembre 2008

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