“PER OVVIARE ai tagli e pagare le supplenze”. Non si tratta di uno scherzo. Anzi. Quella contenuta nel decreto ministeriale del luglio 2008 “Criteri e modalità per il conferimento da parte degli Atenei di incarichi di insegnamento gratuiti e retribuiti” 1, è una disposizione seria. Pensata nel 2008, apposta per ovviare ai tagli già calendarizzati a due anni dopo, la legge prevede che le università, in totale autonomia, possano scegliere di coprire i “buchi” del sistema universitario italiano (posti vacanti, tagli ai corsi di laurea e al personale, sciopero dei ricercatori), assegnando per contratto “consulenze” a professionisti del lavoro, chiamati a tenere corsi “specializzati”. Così, ad insegnare in quei corsi di laurea che sono stati cancellati tra il 2009 e il 2010 dalla riforma Gelmini sull’università e per ovviare ai tagli all’istruzione, che non permettono di pagare i supplenti precari, le Facoltà d’Italia assumono con contratti simbolici di un euro.
Bandi aperti in tutte le facoltà. La quota massima di docenti esterni prevista dal decreto è pari al 23 per cento del totale dei professori ordinari di ogni facoltà. Così, nell’Ateneo di Pisa, 15 insegnamenti di Lettere e Filosofia sono stati nuovamente emanati il primo settembre solo grazie a delle assunzioni a costo zero. Lo stesso è avvenuto per Scienze del Turismo, il Polo dei sistemi logistici e l’Accademia Navale di Livorno. Per un totale di 170 professori esterni su 224 di ruolo all’università di Pisa. Ma alla lista si aggiungono molti altri Atenei d’Italia che, contro i tagli, hanno aperto nuovi bandi per i posti di docenti con incarico gratuito: La Sapienza, Tor Vergata, L’Università di Bologna, quella di Milano, quella di Torino e anche quella di Cagliari. Qui il bando chiuderà il 3 novembre. Ecco perché c’è già un gran fermento.
Precari vs professionisti. Nonostante il decreto preveda che “l’attività svolta non dà luogo a diritti in ordine all’accesso nei ruoli delle università”, le docenze fanno curriculum. E collezionarne a più non posso conviene, soprattutto ai precari. Che urlano allo scandalo ma che, pur di lavorare, ottenere titoli e ‘fare punteggio’, sono disposti a stringere i denti e insegnare gratis. In aperta competizione con i professionisti, che, rispetto ai docenti precari e ai ricercatori semplici hanno una marcia in più: “Per molti di loro – spiega Aldo Maria Morace, preside della facoltà di Lettere all’Università di Sassari e professore di Letteratura italiana – 300 euro in più o in meno non fanno la differenza. Così, si è scelto di dare 1 euro a titolo simbolico e per l’assicurazione”.
“E’ l’unico modo per tenere aperti alcuni corsi”. Gli studenti invece ringraziano, a modo loro. Perché “assumere docenti-professionisti che lavorano gratis – continua Morace – è l’unico modo per mantenere aperti quei corsi che non esistono più ma che centinaia di studenti vorrebbero seguire perché previsti dai loro piani di studio o per ovviare all’assenza di ricercatori, ora in sciopero. Questo perché, a causa dei tagli, qui in Sardegna come altrove, non siamo più in grado di pagare le supplenze”. A Cagliari infatti, l’anno scorso, ha chiuso un corso “metodi e tecniche per il servizio sociale” e per riaprirlo, l’Università di Sassari ha dovuto ‘assumerè a titolo gratuito degli assistenti sociali. La stessa cosa è avvenuta anche per altri corsi di laure. Il primo, datato 29 settembre 2010, riguarda gli insegnamenti vacanti di “Tecnologie per l’istruzione”, il secondo, del 7 ottobre, fa riferimento alle materie di “Informatica umanistica” e “Archeologia medievale”. Per tutti questi corsi, Cagliari ha aperto un bando di concorso. Lo stipendio dei vincitori: 1 euro lordo.
“Siamo come la Slovacchia”. Ma quella contenuta nel decreto del 2008 non è la soluzione giusta. “A lungo andare – conclude Morace – tutto questo peserà sulle spalle dei docenti e ricercatori precari d’Italia. Quello che sta succedendo in tutte le università della Penisola è un sintomo. Il vero problema è che siamo gli ultimi in Europa con la Slovacchia. Investiamo solo lo 0,82 del Pil in istruzione di contro a una media europea dell’1 e 80. Questo è quello di cui dovrebbero parlare i ministri”.
(28 ottobre 2010)