Una prova di democrazia? Riflessioni sulle recenti consultazioni elettorali.
Si sono concluse le complesse tornate di elezioni (e i relativi adempimenti delle commissioni elettorali), che hanno impegnato gran parte del mese di settembre sia per eleggere i componenti docenti e tecnici-amministrativi del nuovo Senato Accademico nonché le rappresentanze dei ricercatori e degli afferenti temporanei nelle Commissioni istruttorie del Senato stesso, sia per eleggere i rappresentanti del personale docente e del personale tecnico-amministrativo nel Comitato di selezione per la designazione dei candidati interni ed esterni al ruolo di componente del nuovo Consiglio di Amministrazione di Ateneo, sia per procedere alla consultazione ad ampio suffragio per proporre rispettivamente al Senato Accademico e al futuro Rettore i cinque candidati interni e i tre candidati esterni al CdA più graditi dall’elettorato, e, infine, per designare i rappresentanti nel Comitato unico di garanzia (l’ex-Comitato pari opportunità).
Il semplice elenco delle varie consultazioni è già di per sé sufficiente a dimostrare la macchinosità e la laboriosità delle operazioni, che hanno coinvolto tutti coloro che nell’Università di Torino operano a più diverso titolo.
Come si è già avuto modo di osservare quella che avrebbe dovuto essere (e per molti versi è comunque stata) nelle intenzioni di chi ha predisposto statuto e regolamenti una grande prova di democrazia, ha dovuto fare i conti sia con l’inidoneità operativa di molte norme regolamentari sia con la difficoltà pressoché insuperabile di conciliare un cronoprogramma eccessivamente vincolante in termini di sequenze e scadenze temporali con le normali regole e consuetudini di ogni consultazione che intenda rispettare sia i diritti dei candidati a svolgere una adeguata campagna elettorale, sia i diritti dei votanti a conoscere adeguatamente e nei tempi previsti dalle normative profili e programmi dei candidati, sia i tempi appropriati per presentare eventuali ricorsi e perché i ricorsi stessi potessero essere serenamente e ponderatamente valutati.
Di qui le proteste di molti singoli elettori o di componenti organizzate del corpo elettorale, nella forma indubbiamente legittime, anche se nella maggior parte dei casi, strumentalmente o meno, indirizzate verso il bersaglio sbagliato: chi aveva infatti la responsabilità dell’indizione delle elezioni e della vigilanza sul loro svolgimento, per ottemperare a tutte norme consuete che regolano le consultazioni elettorali, non aveva altra alternativa che gettare alle ortiche il cronoprogramma deliberato dal Senato Accademico e agire di conseguenza, distribuendo le tornate elettorali su un arco di tempo assai più prolungato di quello previsto.
Si è cercato di operare con un compromesso che rispettasse nella sostanza (con minime variazioni) il cronoprogramma e consentisse comunque spazi sia pur minimi per la presentazione/valutazione delle candidature e per la presentazione dei ricorsi: per questo le commissioni elettorali e soprattutto gli uffici interessati, a cui deve andare la gratitudine di tutto l’Ateneo, hanno lavorato intensamente anche nei week-end. Naturalmente è proprio dei compromessi lasciare molti, e per ragioni sovente opposte, delusi o insoddisfatti, ma è proprio nel compromesso che chi guida un’organizzazione o un’istituzione complessa deve talvolta trovare, per dirla all’americana, the greatest good possibile, senza temere critiche e sobbarcandosi pure il carico di colpe, errori od omissioni oggettivamente altrui.
Così appare davvero ignava oltre che improvvida la scelta della Commissione Statuto prima e del Senato Accademico poi, nella fase di elaborazione regolamentare, di non sciogliere il complesso nodo interpretativo del comma 10 dell’art. 2 della legge 240 relativo all’ineleggibilità negli organi di governo di chi abbia anche in passato già espletato due mandati: ciò poteva avvenire o – come hanno fatto molti Atenei – inserendo nei regolamenti elettorali un apposito articolo che consentisse ai potenziali candidati di conoscere prima gli orientamenti dell’Università in merito e quindi di decidere in base ad essi se fosse opportuno presentare o no la propria candidatura, oppure – quanto meno – ampliando in tal senso i poteri della commissione elettorale a cui oggi compete soltanto il controllo sulla regolarità delle operazioni elettorali e non la valutazione dell’eleggibilità dei candidati.
Una valutazione questa, che toccherà ora al nuovo Senato Accademico come primissimo atto del suo mandato, dal momento che la recente ordinanza del TAR sul caso Cantino ha considerato la nomina degli eletti come atto vincolante da parte del Rettore, negando quindi qualsiasi discrezionalità, anche da parte sua, in merito al giudizio di ineleggibilità: non si può quindi che applicare in questo caso l’articolo 49 del nostro regolamento per l’elezione dei rappresentanti nel Senato Accademico, il quale rimanda per tutto quanto non ivi previsto alla normativa vigente relativa all’elezione degli organi delle Amministrazioni Comunali: come è noto è il Consiglio Comunale appena eletto che delibera sulla eleggibilità/ineleggibilità dei suoi componenti.
Insomma il combinato disposto di una legge che potremmo eufemisticamente definire imprecisa come la 240, di uno statuto oggettivamente carente e di regolamenti non sempre in grado di ovviare con chiarezza alle deficienze legislative e statutarie hanno ulteriormente complicato un processo già di per sé difficoltoso nelle sue molteplici fasi e articolazioni. Afflitti da un complesso masochistico tafazziano abbiamo deciso insomma di farci più male di quanto non ne abbia già prodotto la legge Gelmini.
Detto ciò che era doveroso sottolineare, la lunga vicenda elettorale settembrina ha tuttavia messo in evidenza almeno due aspetti davvero positivi: per un verso la larga partecipazione degli elettori con percentuali molto elevate per tutte le componenti (salvo, ma comprensibilmente data la vaghezza del ruolo, per quanto si riferisce agli ‘afferenti temporanei’) e per tutte le aree, segno di una sensibilità diffusa che non ha sottovalutato l’importanza del momento di trasformazione e transizione che l’Università vive e, di conseguenza, la delicatezza delle scelte che tale momento impone. Per altro verso la consultazione è stata utile per far comprendere a tutti come sia mutato profondamente il quadro di riferimento rispetto al quale si muovono le opzioni decisionali dell’Ateneo. Pur con tutti i limiti di una legge 240 che non favorisce certo l’ampliamento degli spazi democratici, è un dato di fatto che il peso di componenti fino ad oggi di fatto in subordine rispetto ai docenti, come i ricercatori, i tecnici-amministrativi e gli studenti, appare non solo accresciuto ma fortemente condizionante delle scelte più importanti per il governo dell’Ateneo. C’è ovviamente da questo punto di vista ancora molto cammino da percorrere, ma credo ci sia ormai avviati su un percorso virtuoso che difficilmente potrà essere abbandonato.
Sergio Roda, Prorettore e Presidente della Commissione elettorale per delega del Rettore
Per saperne di più consulta il portale di Ateneo a questi link:
http://www.unito.it/unitoWAR/page/istituzionale/ateneo2/elezioni_in_ateneo5
http://www.unito.it/unitoWAR/page/istituzionale/statuto_regolamenti/Statuto5