Il 16 maggio si è concluso il controsondaggio promosso dall’Assemblea Università Bene Comune sul valore legale del titolo di studio, iniziato il 17 aprile e realizzato attraverso un questionario somministrato in formato elettronico per l’autocompilazione via web. Il questionario riguardava, oltre al problema del valore legale, anche altri aspetti dell’organizzazione dell’università nel nostro paese, sui quali daremo puntuale notizia nei prossimi giorni.
Nonostante il silenzio assordante della stampa, attraverso la rete e il passa parola al sondaggio hanno risposto 4.155 cittadini, di cui il 58,7% appartenenti al mondo universitario. Va subito osservato che il 69% dei rispondenti non ritiene che quella del valore legale del titolo di studio sia una priorità per il sistema universitario italiano. Tra i rispondenti i gruppi più numerosi sono quelli degli studenti (22%) e dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (44%). Analizzando l’insieme dei rispondenti secondo il titolo di studio emerge che ben il 45,6% è laureato e il 26,6% ha conseguito il dottorato di ricerca. Si tratta quindi di un insieme altamente informato sulla situazione universitaria, in cui la percentuale di rispondenti sotto i 35 anni è pari al 38%.
Complessivamente l’84% dei rispondenti ha espresso un parere contrario all’abolizione del valore legale del titolo di studio. Questo risultato si aggiunge e fornisce conferma a quello registrato dal sondaggio organizzato dal ministro Profumo, al quale hanno partecipato quasi 24.000 cittadini, di cui il 74% è contrario all’abolizione del valore
legale del titolo di studio.
L’esito concorde dei due sondaggi, tra di loro indipendenti e indirizzati verosimilmente a strati di popolazione ben differenziati, indica in modo non equivoco che l’orientamento prevalente della cittadinanza, quantomeno della sua componente più attiva ed informata
sulle problematiche in oggetto, vuole che il sistema di istruzione della Repubblica mantenga e rafforzi le caratteristiche di inclusività e di promozione sociale che la Costituzione del 1948 indica come stelle polari dell’azione politica, in quanto presupposto necessario affinché tutti i cittadini possano essere egualmente liberi. In pratica l’esito dei due sondaggi certifica che i cittadini vogliono, concretamente e non in astratto, una politica che faciliti l’accesso delle classi meno abbienti ai gradi più elevati dell’istruzione.
I darwinisti sociali del merito e dell’eccellenza (la cui politica sociale si sostanzia nella massima “i poveri sono poveri perché se lo meritano”, ovvero, con il linguaggio più chic degli economisti marginalisti, “perché non hanno investito abbastanza nel loro capitale umano…”) escono sconfitti da questa consultazione, e la loro sciagurata alleanza con le forze più apertamente reazionarie dello scacchiere politico (il governo Berlusconi e il ministro Gelmini) mostra tutta la sua miseria.
“Filosofia della miseria” che tuttavia affligge anche il governo dei tecnici (cioè “i migliori”, perché se non fossero i migliori su cosa sostanzierebbero la loro legittimità?), come mostrano sia il tentativo del ministro Profumo di introdurre l’abolizione del valore legale dei titoli di studio per decreto, sia la gestione “omertosa” dei risultati del “suo” questionario.
La stessa “filosofia della miseria” informa anche la bozza di “decreto sul merito”, con le americanate alla McDonald sullo studente dell’anno, l’obbligo di attività didattica per gli assegnisti di ricerca (ritorniamo al lavoro servile dell’Ancien Régime), l’abolizione della tenure track per i ricercatori a tempo determinato e il ripristino dei concorsi locali (misura alla quale Profumo parrebbe però aver già deciso di rinunciare).
Nelle prossime settimane presenteremo un’analisi approfondita dei risultati del controsondaggio: grazie alla preziosa collaborazione di quanti hanno partecipato all’iniziativa, disponiamo ora di tantissimi input e suggerimenti utili sugli aspetti prioritari da migliorare nell’organizzazione dell’Università italiana. Giudichiamo molto
positivamente l’esperienza di questa indagine, forti della convinzione che, per impostare una vera politica riformatrice e contrastare il tentativo egemonico delle forze conservatrici,sia oggi più che mai necessario dare corpo ad una vera e propria inchiesta dal basso sulla situazione degli atenei e sui bisogni e sui desideri di coloro che li popolano quotidianamente.
*I promotori dell’Assemblea Nazionale “Università Bene Comune” e della Convenzione Nazionale “Scuola Bene Comune”*