Dibattito tra Ichino e Ciccarelli

Risposta a Andrea Ichino sul Manifesto 5 giugno 2011
Sul manifesto del 25 maggio Roberto Ciccarelli ha condannato senza appello la proposta contenuta nell’interrogazione parlamentare in tema di tasse universitarie e accesso all’educazione terziaria degli studenti meno abbienti, presentata il 18 maggio da un gruppo di senatori del Pd e di altre formazioni politiche. Ovviamente, liberissimo Ciccarelli di condannare la proposta, ma non di dimenticarsi di descriverla ai suoi lettori perché possano giudicare da soli. Poiché ho collaborato alla sua elaborazione, nell’ambito dell’Osservatorio sull’Università promosso dal Gruppo 2003, spero vogliate consentirmi di illustrarne sinteticamente ai lettori i veri contenuti e le potenzialità.
Della proposta, Ciccarelli dice solo, genericamente, che ha come fine l’aumento delle tasse universitarie. In realtà i proponenti chiedono che siano in primo luogo gli studenti delle famiglie più abbienti a pagare il costo dell’istruzione universitaria che ricevono. Esiste un solo motivo per il quale i figli della ricca borghesia italiana debbano poter studiare a spese della fiscalità generale e quindi soprattutto a spese dei poveri che pagano le tasse ma mandano con minor frequenza i figli all’università? Per tutti gli altri studenti le cui famiglie non potrebbero permettersi di sostenere un aumento delle tasse universitarie che copra i costi, l’interrogazione propone che lo Stato anticipi l’aumento, offrendo agli studenti stessi un prestito che dovrà essere ripagato solo se e quando lo studente, una volta laureato, raggiungerà un reddito sufficiente per ripagare il debito. Ripeto: solo se e quando!
In altre parole, gli studenti poveri il cui investimento in istruzione non avrà dato i frutti sperati, nulla dovranno rendere alla collettività. Ma per quale motivo gli studenti che invece raggiungeranno livelli di reddito elevati proprio grazie alla laurea conseguita con il prestito statale, non dovrebbero restituire alla collettività quanto ricevuto, seppur in quote diluite e con tassi di interesse di favore? Non saranno forse loro i membri della borghesia abbiente del domani? Tra l’altro, se per finanziare le università lo Stato dovesse emettere debito, chi lo ripagherebbe sarebbero comunque le generazioni future. Non ritiene Ciccarelli che invece di caricare tutti i nostri nipoti di questo debito sia preferibile caricare quelli (e solo quelli) che da esso avranno tratto giovamento? Ossia i ricchi di oggi, che si devono da subito pagare interamente i loro studi universitari, e i ricchi di domani che li pagheranno in forma differita. Se mai, il vero problema di questa proposta è che i mercati finanziari non credano alla bontà dell’investimento pubblico in capitale umano che essa consentirebbe. Proprio per questo la terza caratteristica rilevante della proposta, dimenticata da Ciccarelli, è che una percentuale dei casi di default sul debito futuro sia coperta dalle università stesse con un sistema bonus-malus. Esse risulterebbero così responsabilizzate e avrebbero forti incentivi a migliorare la qualità degli insegnamenti impartiti. Ora giudichino i lettori del manifesto.
(Andrea Ichino, andrea.ichino@unibo.it)

Anche in questa risposta Andrea Ichino, che prima di occuparsi di università faceva l’economista, dimostra di volere restringere l’accesso agli studi al 4,72 per cento dei contribuenti che, al netto dell’evasione fiscale, denuncia un reddito di 30 mila euro. Dimentica di avere proposto di aumentare le tasse universitarie a 10 mila euro all’anno e, soprattutto, il fatto che saranno pochissimi gli studenti italiani – i più inoccupati d’Europa – capaci di raggiungere il reddito da lui favoleggiato per ripagare gli interessi sulle tasse versate (40 mila euro, vero Ichino?). Una simile assurdità non servirà a responsabilizzare la “borghesia abbiente” (che manda i figli a studiare all’estero), ma a punire i figli del ceto medio in crisi che già lavorano precariamente durante gli anni dell’università. Come altri “riformatori” bocconiani, anche Ichino finge che questo restringimento elitario dell’istruzione pubblica sarà il motore dell’ascesa sociale, mentre è solo un altro tassello per conservare caste e corporazioni e distruggere le residue tutele dello stato sociale a favore di forme assicurative private. Sono tutte prediche inutili che non meriterebbero risposta se non fosse che una decina di senatori del Pd – compresi professori ordinari come Pietro Ichino, fratello di Andrea, Tiziano Treu e Stefano Ceccanti – insieme ad altri di Fli, Udc e Api hanno firmato il 19 maggio un’interrogazione parlamentare che sposa le proposte del gruppo 2003. Il 9 giugno ci sarà a Roma una conferenza programmatica del Pd sull’università. Il segretario Bersani subirà l’opa lanciata dagli Ichino (Andrea e Pietro) sulla linea, timida e incerta del suo partito, e dirà di volere riformare l’università come ha fatto in Inghilterra il governo di destra di David Cameron?
(Roberto Ciccarelli)

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