Articolo da Repubblica.it
IL CASO: Ricercatori scrivono a Napolitano senza posto nonostante i concorsi vinti
Sono poco meno di 50, ma protagonisti di vicende paradossali: hanno vinto i concorsi ma i loro atenei sono rientrati nel meccanismo di blocco delle assunzioni e, dunque, nulla da fare. “A questo punto non ci resta che provare ad andare via”di CONCETTO VECCHIO
Lucia Simeoni, 44 anni, l’anno scorso ha vinto un concorso per un posto da ricercatrice in geotecnica all’Università dell’Aquila: ma non ha chance di assunzione perché l’Aquila è una delle sedici “università non virtuose”, ovvero non rispetta l’articolo 1 della legge 2009 che impone il blocco delle assunzioni a quegli atenei che spendono più del 90 per cento dei loro bilanci in stipendi. Due anni fa, quando uscì il bando, l’Aquila aveva i conti in regola, poi l’iter venne ritardato e la gara si tenne soltanto nel 2010: a quel punto era già troppo tardi, i conti dell’ateneo non erano più a posto. Una beffa. Ricevette a casa un decreto di nomina del vincitore che è un capolavoro di cinismo burocratico: all’articolo 2 le facevano i complimenti per avere vinto, all’articolo 3 le spiegavano che non potevano assumerla per mancanza di fondi.
Lucia da undici anni fa la precaria a Trento. In tutti questi anni è andata avanti con contratti a tempo determinato, di sei o dodici mesi. L’ultimo le scade il 30 agosto. Non ce ne sarà un altro. O l’Aquila (dove guadagnerebbe 1400 euro al mese) o l’estero. Tertium non datur. Ha già fatto domanda per andare in Olanda e in Scozia, dove guadagnerebbe molto di più. Ma non vorrebbe farlo. Vorrebbe rimanere in Italia.
Nelle condizioni di Lucia ci sono altri 44 ricercatori: venti all’Aquila, venticinque a Bari. Tutti rischiano di dover emigrare all’estero, considerata la progressiva riduzione dei finanziamenti all’Università. Come extrema ratio hanno scritto una lettera appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, “confidando in un suo decisivo intervento affinché venga data la possibilità agli atenei di assumere i vincitori di valutazioni comparative che sono state bandite quando gli stessi atenei non superavano i limiti di spesa”. È un grido di dolore. Scrivono: “I provvedimenti normativi adottati oltre a penalizzare ciascuno di noi sul piano personale, sono assolutamente incongrui rispetto alla necessità di favorire lo sviluppo della ricerca con giovani ricercatori intraprendenti e di rendere le università più dinamiche e più competitive. Nonostante i numerosi appelli e le proteste a livello nazionale i ricercatori ad oggi non hanno trovato nel governo e nel Parlamento il sostegno necessario per la risoluzione di numerosi problemi che affliggono il sistema universitario, tra cui proprio il reclutamento dei giovani”.
Dice Lucia: “Cosa mi ha spinto a resistere in tutti questi anni? L’enorme passione per il mio lavoro, che ti fa sopportare anche l’eterna condizione di ricattabilità. Vorrei tanto che finalmente mi fosse riconosciuto quel che mi spetta, quel che merito”.
(19 aprile 2011)