Da La Bora.
Concorsi e assunzioni bloccate per tutto il 2011. L’Università di Trieste ha infatti superato la soglia del 90% nel rapporto tra spesa per il personale e fondo di finanziamento ordinario.
La soglia è stata superata soltanto per 0,8 punti percentuali, ma tanto basta a far svanire le speranze di uscire dal precariato per ricercatori e personale amministrativo.
“Com’è evidente – il commento del rettore Peroni in una lettera inviata a docenti e studenti -, le conseguenze di tale divieto impattano sulle tante, legittime speranze di reclutamento da parte di chi, ricercatore o tecnico-amministrativo, opera nell’università, pur se non di ruolo, ovvero di quei docenti che, avendo conseguito l’idoneità ad una fascia superiore, attendono di poter essere inquadrati nel corrispondente ruolo. Nel momento in cui ho appreso la notizia, il mio pensiero è andato immediatamente a tutti questi colleghi, come peraltro a quei giovani che guardano dall’esterno all’Università come luogo auspicato di impiego”.
Prosegue Peroni: “Amareggia, di tutta questa vicenda, il fatto che all’Università non possa imputarsi alcuna responsabilità per questo risultato negativo. Esso, infatti, si deve esclusivamente al continuo, crescente definanziamento statale, subìto anche nel 2010, e non certo a una spesa incontrollata del nostro Ateneo, il quale continua ad avere i conti in ordine. E a proposito di tale definanziamento, va detto ancora che non si tratta solo dei ben noti “tagli lineari”, inferti dalla legge Tremonti, ma pure di un’applicazione, a dir poco discutibile, dei criteri di merito con i quali, nel 2010, è stata definita la frazione, cosiddetta “premiale”, del fondo di finanziamento ordinario attribuito alle università”.
Il rettore evidenzia inoltre come, se la valutazione ministeriale avesse semplicemente utilizzato i parametri dell’anno 2009, l’Ateneo avrebbe ottenuto un maggior introito, “senz’altro sufficiente a mantenerci sotto la soglia del 90%. Ed è probabile che dinamiche analoghe a quella che oggi registriamo stiano investendo i non pochi altri atenei, come noi penalizzati dalla “nuova” valutazione.
Com’è evidente, la questione è, come andiamo denunciando da tempo, di ordine anzitutto nazionale, e non certo circoscrivibile a casi isolati. Si tratta di dinamiche nelle quali – senza ricorrere a nessuna “dietrologia”, ma semplicemente osservando i fatti – scelte strategiche demandate a Governo e Parlamento in materia di università sono, in quota parte, condizionate da reti espressive di interessi territoriali o da “alleanze“ variamente intessute da portatori di interesse: fenomeno, questo, non certo nuovo, ma oggi reso maggiormente rilevante a fronte del quadro di risorse calanti in cui operiamo”.
Conclude Peroni: “Su questo versante, il nostro impegno è, da tempo, diretto a creare le condizioni per un’interlocuzione forte, in dimensione anzitutto regionale, del nostro sistema universitario nei confronti delle istituzioni preposte a definire indirizzi e scelte strategiche in materia di università. Per parte mia, continuerò a battermi in tal senso”.
sabato 26 marzo 2011