(Riceviamo e diffondiamo l’appello dei Docenti Preoccupati)
Chi vuole comparire come firmatario può mandare una mail con nome cognome facoltà e ruolo a: docenti_preoccupati@yahoo.it
Appello per un referendum abrogativo della legge Gelmini
Siamo studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori e docenti, parte di quella comunità accademica che nello scorso autunno ha espresso tutta la propria avversione al disegno di distruzione dell’Istruzione pubblica posto in campo dal governo. Nonostante le grandi mobilitazioni, animate da un diffuso malessere sociale e da un’angoscia esistenziale di una generazione a cui è stato negato tutto, a partire dal diritto al futuro sempre più caratterizzato da incertezza, precarietà e disoccupazione, non possiamo non prendere atto della sconfitta, non essendo stati raggiunti i due principali obbiettivi che il movimento si era posto: bloccare il ddl Gelmini e mandare a casa il governo. D’altro canto, non poteva essere altrimenti, dati i rapporti di forza in Parlamento. Tuttavia quel grande movimento qualcosa di importante ha prodotto, se si considera la grande simpatia che ha suscitato presso l’opinione pubblica, simpatia che significa una sola cosa: consapevolezza dell’importanza della scuola e dell’Università pubblica per il futuro dei giovani, che è poi il futuro del paese. Quel movimento è arrivato ad un passo dalla vittoria, ha costretto a rinviare l’approvazione definitiva della controriforma fino alla vigilia di natale, sebbene sull’impostazione di fondo del ddl Gelmini vi fossero convergenze trasversali in Parlamento: gli studenti hanno imposto all’opposizione parlamentare che, fino all’esplosione delle mobilitazioni, si era mostrata dialogante con il governo e sostanzialmente concorde con il provvedimento, di assumere una posizione di netta opposizione, se non di ostruzionismo. Ma, quel movimento, più di ogni altra cosa, ha palesato la distanza siderale tra le istituzioni e la società reale, la società di chi lavora e spera che i propri figli, attraverso lo studio, possano emanciparsi; in una battuta, il movimento ha posto in evidenza la solitudine dei palazzi del potere, trasformati in quei giorni in mercati a prezzo di saldo! La breccia che quel movimento ha aperto nell’opinione pubblica e l’importanza delle istanze portate avanti è stata poi riaffermata e rafforzata dalla volontà del Presidente della Repubblica di incontrare una delegazione del movimento, una volontà che scaturiva anche da un messaggio forte e chiaro lanciato dal movimento, quello per cui la battaglia in difesa dell’istruzione pubblica è battaglia in difesa della Costituzione, non solo di suoi singoli articoli, come il 34, ma del suo senso più profondo, e cioè quello per cui tutti i cittadini partecipino consapevolmente e democraticamente a determinare la politica del paese: tale visione presuppone necessariamente che sia garantito a tutti i cittadini, senza distinzioni di reddito, il raggiungimento dei più elevati livelli di istruzione, perché è solo la cultura che fornisce senso critico e capacità di discernimento, unici veri antidoti contro il buio della ragione, foriero di tante sventure per l’umanità. Senza dimenticare che il diritto all’Istruzione è ormai un diritto umano fondamentale, recepito anche dall’articolo 26 della Carta delle Nazioni Unite. Alla luce delle considerazioni che precedono, in una fase come l’attuale, in cui il movimento pare vivere una situazione di stanca, dobbiamo porci il tema del rilancio di una forte mobilitazione in difesa dell’Istruzione pubblica, che è dovere morale prima ancora che politico. A tal proposito osserviamo che, nonostante il fondamentale sciopero generale del 6 maggio,da costruire e generalizzare ulteriormente, non possiamo ritenere che sia quello sciopero a rilanciare il movimento, perché si pone troppo in là nel tempo. Esso deve invece costituire il punto di arrivo di una nuova forte mobilitazione che parta in ogni singola facoltà, e affinchè ciò si realizzi proponiamo di lanciare un referendum abrogativo del ddl Gelmini. Non siamo feticisti dello strumento referendario e riteniamo che di esso si è eccessivamente abusato, ragione per la quale spesso non si è raggiunto il quorum: va tuttavia ricordato che quando si è svolto referendum su questioni di grande importanza, che toccavano tutti gli italiani, il famigerato quorum è stato abbondantemente raggiunto, è il caso del referendum costituzionale del 2006, troppo presto dimenticato; d’altro canto esso è pur sempre uno strumento di democrazia diretta, pensato dai costituenti proprio per colmare situazioni, come l’attuale, di distanza abissale tra palazzo e società. Inoltre la battaglia referendaria consentirebbe di avere obbiettivi di breve periodo, si pensi alla raccolta firme, fondamentali per riavvicinare le tante persone non militanti abituali che però si sono mobilitate nello scorso autunno; ancora, riaprirebbe il dibattito sull’istruzione pubblica già sopito nuovamente. Ipotesi alternative sono difficilmente percorribili e d’altra parte potremmo concretizzare quel grande consenso di cui il movimento ha goduto, raccogliendo rapidamente le firme, raggiungendo il quorum e determinando effetti devastanti per l’attuale quadro politico; infine esso consentirebbe di ripetere l’esperienza del referendum sull’acqua pubblica che ha visto partecipe la parte migliore della società italiana.