Un altro articolo che riflette sulla piazza e sulle modalità di partecipazione politica
«Silvio vattene». Occupiamo Piazza del Popolo, di Alex Foti (da Il Manifesto)
La degenerazione della democrazia in oligarchia e autocrazia è sotto gli occhi di tutti. E non riguarda solo il Maghreb. Riguarda tutta l’élite neoliberista sempre più abbarbicata al potere a Bruxelles, a Roma come a Tunisi, sorda agli interessi e bisogni della maggioranza man mano che la Grande Recessione fa sentire il suo morso. Austerity predicava Mubarak col taglio ai sussidi ai beni di prima necessità, e austerity predica Tremonti coi tagli alla ricerca e alla cultura.
All’autunno studentesco europeo che ha unito una generazione nella risposta alla crisi da Londra ad Atene, corrisponde la sollevazione della generazione precaria da Tunisi a Bengasi, dal Cairo a Teheran.
Con l’opposizione virale al potere dei social network, i giovani scolarizzati ma impoveriti danno il la ad altri strati sociali per sollevarsi contro i regimi, impadronendosi prima della comunicazione e poi delle piazze, fino al rovesciamento finale del tiranno da decenni
al potere e l’apertura di una nuova fase, tanto piena d’incognite quanto libera e feconda.
Da noi studenti e donne hanno fatto sentire la loro voce e occupato le strade d’Italia coi loro corpi contro la degenerazione della democrazia repubblicana in cleptocrazia e pornocrazia, nepotismo e gerontocrazia, col proliferare di forme razziste e criptofasciste nella fase crepuscolare di quasi trent’anni di berlusconismo (alla luce del bunga bunga, conviene datare dalla comparsa di Drive In).
Eppure nonostante il 14 dicembre (nadir di Fini e zenith del movimento cognitario) e il 13 febbraio (l’onda pink delle donne che hanno scosso la politica italiana), il tiranno corrotto e corruttore rimane al potere, anzi aumenta il proprio vantaggio parlamentare. Come liberarci
definitivamente di lui? La stragrande maggioranza della società civile italiana ha gioito del fatto che Mr B dovrà comparire il 6 aprile di fronte alle magistrate di Milano. Al di là dei tempi necessari alla rimozione per via giudiziaria del tiranno, è facile constatare come
ciò rischia di coincidere con una ritirata del movimento di opposizione al regime berlusconiano, in attesa che si compia il catartico giudizio, evidentemente dimentichi di come tante date preannunciate come definitive e liberatorie, siano poi trascorse col Cavaliere ancora in sella.
Il popolo nell’Europa di oggi non è sovrano, la sovranità appartiene all’élite governativa, finanziaria e politica che la esercita per fini propri, alcuni non disprezzabili, come quella di un’Europa unita, libera, colta, indipendente, federale e multietnica, a cui la destra sia peripateticocratica sia leghista è palesemente avversa. In Italia, la sovranità è di Berlusconi. Ma al popolo appartiene il potere di ultima istanza, quello di rovesciare regimi iniqui per mezzo dell’azione collettiva a oltranza (nonviolenta, fino a quando non viene attaccata dagli apparati del regime), con l’occupazione per giorni e settimane di uno spazio pubblico dai connotati altamente simbolici e faccia da cassa di risonanza per i media di tutto il mondo. Nulla può sconfiggere il People Power, la forza della società che perde la paura e l’indifferenza e si riversa nelle strade fino a quando il despota è mandato a casa. Dal 1989 a oggi la forza della democrazia dal basso è sempre apparsa come l’onda che finisce per rompere ogni diga autoritaria. Certo, le rivoluzioni democratiche perdono anche. Ma il più delle volte finiscono per prevalere.
Questo discorso ci riguarda da vicino come italiani: perché non possiamo fare come al Cairo? Di fronte a un regime che non se ne vuole andare, che ha perso la fiducia del popolo e fatto scendere la fama dell’Italia alle stalle e la fame dell’Italia alle stelle, c’è solo una soluzione: la rimozione coatta sull’onda della mobilitazione popolare a oltranza. Vogliamo far cadere Berlusconi? E allora riempiamo di popolo piazza del Popolo, fino a che non se ne andrà: se
sarà occupata prima, durante, dopo il 6 aprile non dovremo neanche aspettare il verdetto definitivo. Non possiamo aspettare il 2013.
Prendiamoci Piazza del Popolo, la piazza simbolo della rivolta della giovane generazione e del disgusto delle donne italiane. Salviamo la democrazia e l’unità italiane. Dobbiamo solo essere in tanti a dire al mondo: «Forza Silvio, vattene. Noi non ce ne andremo».