La Riforma Gelmini è stata approvata, ma bloccare la sua applicazione è possibile! Istruzioni per l’uso
(da CauNapoli.org)
Possiamo cominciare con pressioni sugli organi decisionali delle università e boicottando l’applicazione dall’interno. Rilanciamo la mobilitazione dal basso per riprenderci il nostro diritto allo studio, riappropriarci dei nostri spazi e dei nostri tempi…
Da Pomigliano a Mirafiori, dai trasporti alla sanità, dalle scuole all’università, da L’Aquila a Terzigno il 2010 è stato un anno di lotte contro gli attacchi indiscriminati del governo ai residui dello Stato sociale: nelle fabbriche con gli accordi di Marchionne, volti ad eliminare ogni tipo di diritto, nel settore pubblico con i continui tagli dei fondi statali, nel mondo dell’istruzione con l’ormai legge Gelmini. Questi provvedimenti rientrano in un quadro più generale di politiche economiche adottate a livello internazionale. L’indisponibilià a subire questo attacco passivamente si è manifestata ovunque: in Francia e nello Stato spagnolo con lo sciopero generale, in Gran Bretagna con la mobilitazione contro gli indiscriminati tagli ai fondi per le università; per non parlare delle fortissime proteste contro il caro vita che in questi ultimi giorni stanno attraversando l’Algeria e la Tunisia. In Italia il movimento studentesco si è opposto radicalmente alle linee adottate dal governo, che ha operato in concerto con tutte le altre forze parlamentari, dando vita a significativi momenti di piazza, culminati nel 14 dicembre a Roma e in occupazioni di scuole e di facoltà. Ma nonostante la determinazione degli studenti la Riforma Gelmini è diventata legge… ma che legge? È evidente quanto questa sia stata approvata velocemente, per rispondere alle esigenze di Confindustria in un periodo di forte instabilità del governo e, quindi, quanto sia incompleta e difficilmente applicabile.
È proprio questa situazione di non immediata esecutività del provvedimento a far sì che sia ancora possibile contrastare la sua applicazione. Ci sono, infatti, una serie di punti del testo che dovranno essere adottati dagli atenei in un determinato lasso di tempo. L’articolo 2 prevede che il Senato Accademico e il Consiglio d’Amministrazione (CdA) istituiscano una commissione atta a modificare gli statuti “in materia di organizzazione e di organi di governo dell’ateneo” entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge stessa con una possibile proroga di 3 mesi. Nel caso di inadempimento il Ministero provvede al commissariamento dell’ateneo “con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie”. Il movimento studentesco può ancora una volta dare una risposta dal basso, rifiutando l’inutile rappresentanza studentesca, facendo pressione sui Senati Accademici e sui CdA per impedire la designazione della commissione e per intralciare i lavori degli atenei. Non perché l’Università “pre-Gelmini” fosse un’isola felice da difendere con i denti, ma contrastare la legge in ogni suo aspetto può anche essere un mezzo efficace attraverso il quale ostacolare la direzione che non solo l’università, ma tutto il sistema formativo italiano aveva preso da molti anni a questa parte.
L’altro aspetto della legge che qui ci interessa mettere al centro dell’attenzione riguarda lo smantellamento del diritto allo studio. Se da una parte il Governo taglia del 90% i fondi per le borse di studio, dall’altra viene istituito il Fondo per il merito destinato a “erogare premi di studio (…) e fornire buoni studio”. Ma cosa sono? I primi sono dei premi dati agli studenti “meritevoli”, i secondi dei veri e propri prestiti erogati dalle banche che dovranno essere restituiti al termine degli studi. Non si ragiona più in base a criteri di reddito, come avveniva in parte in passato – almeno sulla carta – ma secondo criteri di “merito” penalizzando sia gli studenti-lavoratori, sia chi appartiene alle classi subalterne. Dopo il danno anche la beffa! Per volere del Carroccio, nell’ambito degli accessi alle borse di studio si riserva “la quota del 10% agli studenti iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti”. Danneggiando così ancora di più tutti gli studenti fuori sede, che nella maggior parte dei casi non possono neanche godere delle poche agevolazioni a loro riservate a causa dell’assenza di alloggi universitari e dell’impossibilità di presentare un contratto d’affitto regolare, senza il quale si risulta solo pendolari
Bloccare la legge Gelmini è ancora possibile, facendo pressioni sugli organi decisionali delle università e boicottandone l’applicazione dall’interno. Rilanciamo la mobilitazione dal basso per riprenderci il nostro diritto allo studio, riappropriarci dei nostri spazi e dei nostri tempi
Pre(te)ndiamo ciò che ci spetta!