Fonte: Rete della conoscenza.it
Negli anni della più grave recessione economica della storia occidentale, anche l’università è in crisi; i due eventi sono, però, del tutto scollegati: i tagli che mettono in ginocchio il sistema universitario sono una scelta politica, spesso bipartisan, che ha inizio negli anni ’90. Viviamo in uno dei Paesi europei che investono meno in istruzione, formazione e ricerca (1). La nostra è, però, una nazione con un sistema industriale in crisi, dove le grandi e piccole aziende non investono nella ricerca privata, laddove quella pubblica è sempre più incapace di sostenersi. In questo scenario l’Italia è destinata al declino.
Gli ultimi trent’anni sono stati caratterizzati da sprechi nel settore dell’università: la proliferazione di corsi di studio (2), facoltà, sedi distaccate e nuovi atenei, spesso sulla base di interessi clientelari dei politici locali è stata possibile a causa della mancanza di trasparenza e controllo, grazie alla quale i baroni hanno potuto fare ciò che volevano.
Invece di intervenire introducendo norme che impongano trasparenza e ostacolino l’azione baronale, il Governo sta da un lato tagliando le risorse come mai nella storia (3) e, dall’altro, riducendo l’essenza democratica e la partecipazione interna agli atenei, affidando la totalità dei poteri a rettori e privati. L’intento politico è quello di soffocare le università pubbliche per metterle in ginocchio e imporre una sostanziale privatizzazione, con tasse alte, soggetti privati nei CdA, ricerca impoverita e didattica qualificata. In conclusione stanno procedendo con l’abolizione dell’università pubblica.
I TAGLI della l.133/08 e il “contentino” di 400 mln
La difficilissima situazione economico-finanziaria delle Università italiane, a seguito dei tagli operai dalla L. 133/08 (che ci ha visto scendere nelle piazze italiane, occupare Atenei sotto il nome “Onda”) e confermati dalla Manovra economica (DL 78 del 31 maggio scorso), l’attacco senza precedenti al settore del pubblico impiego con i provvedimenti del Ministro Brunetta, il congelamento di scatti stipendiali per docenti e tecnici-amministrativi e il ddl Gelminl, non danno prospettive per il futuro della nostra Università pubblica.
Madre della politica dei tagli, o della retorica “lotta agli sprechi” in salsa tremontiana, è la Legge 133/08 che prevedeva tagli per quasi 1. 5 mld di euro all’FFO (4), da realizzarsi in 5 anni (2009-2013). I tagli già operati per gli anni 2009 e 2010 hanno adempiuto in maniera determinante al compito “ideologico” del Governo, quello della riduzione del potere contrattuale dei rettori italiani, spaccando la CRUI (5) e mettendo le Università in competizione fra loro nel difficile tentativo di strappare il “taglio minore”. L’antica politica del “dividi et impera”.
A poco è servito l’intervento – salutato positivamente dalla CRUI – di 400 milioni di euro attribuite alle Università statali a parziale reintegro, per il solo 2010, del taglio di 678 milioni previsto dalla manovra dell’anno scorso e non prevede alcuna integrazione per gli atenei non statali. Uno stanziamento ben al di sotto delle reali esigenze delle Università chiamate a fare i conti con bilanci in rosso.
A fronte di una situazione di probabile collasso finanziario (6), la Manovra economica (DL 78) non prevede alcun intervento a sostegno delle Università pubbliche, sebbene nella prima versione del testo fosse previsto un recupero parziale dei tagli pari a 700 milioni di euro.
Si realizza, quindi, un taglio generalizzato che abbatte sugli Atenei, costretti nel giro di poco tempo a dover evitare uno sbilanciamento strutturale dei bilanci, a fronte di spese fisse (vedi stipendi) difficilmente comprimibili nel breve periodo ed a sprechi – che seppur presenti e denunciati costantemente da LinK – non raggiungono l’entità dei tagli.
Di conseguenza, se quasi il 90% dell’FFO viene speso in stipendi, risulta facile immaginare che:
• il taglio ad opera del Governo porta ad un aumento fisiologico della quota del 90%, che individua la virtuosità degli atenei
• per giungere ad un sempre più lontano pareggio si rende necessario comprimere le spese fisse (servizi a studenti) e incrementare le entrate correnti (tasse e contribuzione)
Tutti contro tutti… e la chiamavano meritocrazia
Dopo le proteste dell’Onda nell’autunno 2008, il Governo aveva scelto la strada del “contentino mediatico” intervenendo con il DL 180/08, poi legge 1/09, a modifica del turn-over (di cui parleremo), di un investimento una-tantum sul diritto allo studio (a copertura totale delle borse di studio) e garantendo una ripartizione su base “meritocratica” di una quota fissa del’FFO, che ricordiamo esser stato tagliato dalla l. 133/08.
A decorrere dall’anno 2009, al fine di promuovere e sostenere l’incremento qualitativo delle attività delle università statali e di migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, una quota non inferiore al 7 per cento del fondo di finanziamento ordinario [..] con progressivi incrementi negli anni successivi.
Mentre ancora si aspettano le modalità di distribuzione della quota per il 2010 (siamo a luglio) sulla base di criteri definiti ex post e non in grado di definire livelli “qualitativi” da raggiungere, per il 2009 la distribuzione di tali risorse è avvenuta non tenendo conto delle differenze strutturali fra Nord e Sud e fra Atenei multidisciplinari e Politecnici e utilizzando dati molto spesso superati.
E’ bene precisare che la “valutazione”, di cui tanto si parla, non può essere osannata costantemente. I criteri devono essere innanzitutto condivisi ed ex ante, così da permettere un adeguamento delle politiche dei singoli Atenei ed una valutazione sulla base del percorso intrapreso.
Nel 2009, sulla base dei parametri e delle classifiche definite dal Ministero, si è avviata una concorrenza sfrenata volta all’accaparramento delle risorse (una guerra fra poveri, considerato che la redistribuzione avviene sulla base di un FFO consistentemente decurtato) fra “atenei virtuosi” e “atenei non virtuosi”.
Fra i 27 Atenei “non virtuosi” figurano solo 3 Atenei del Nord, 5 del Centro e ben 19 del Sud: ad essere penalizzato è, ancora una volta, il Meridione.
Ci interroghiamo su dove siano la qualità e la meritocrazia se, al di là delle parole e della retorica, i criteri sono:
• numero di crediti acquisiti nel corso del primo anno (40 cfu). Le Università finirebbero, al fine di accaparrarsi più risorse, per incoraggiare le “promozioni facili”. A dispetto della fantomatica meritocrazia tanto sbandierata dal Ministro.
• il tasso di occupabilità dei laureati a 3 anni dalla Laurea. I dati utilizzati sono aggiornati al 2004 e non tengono conto dell’endemica condizione socio-economica del territorio. Va da sé che le Università del Mezzogiorno, in un contesto di mancanza di posti di lavoro, verranno penalizzate. Anziché puntare sulla qualità e sulla formazione nelle zone più disagiate del nostro paese, si continua a tagliare.
• la valutazione della qualità della ricerca. Non si tiene per nulla conto, tuttavia, di quei progetti finanziati a livello regionale ed europeo (da un lato il Sud riceve fondi per la ricerca nelle aree sottosviluppate e dall’altro lo Stato, paradossalmente, taglia risorse). In questo caso, i dati utilizzati presi in esame sono addirittura quelli del 2001-2003.
La manovra economica 2010
Si è dibattuto molto nelle ultime settimane sullo status giuridico ed economico dei ricercatori, già oggetto dei pesanti provvedimenti previsti dal Disegno di Legge Gelmini. Tuttavia, la manovra economica del Governo, che ricordiamo non prevedere prospettive per il futuro del nostro paese e che penalizza solo le fasce più deboli della popolazione, si abbatte come una spada di damocle sul mondo universitario. Se da un lato, infatti, si confermano i tagli operati dalla L. 133/08, dall’altro si interviene peggiorando la condizione economica del personale che lavora all’interno dell’Università (significativamente per i giovani ricercatori, i precari e per i tecnici amministrativi). Per tutto il personale, contrattualizzato e non, è previsto il congelamento dello stipendio a quanto ordinariamente percepito nel corso del 2010 ed il blocco della contrattazione collettiva (e di conseguenza dell’adeguamento economico dei contratti) per i prossimi 3 anni. I giovani ricercatosi – che hanno uno stipendio di base ad inizio carriera di circa 1.200 – sono di conseguenza estremamente penalizzati sulla carriera futura.
Il Tetto del 90%
Fra gli interventi “riparatori” operati dalla l. 1/2009, si prevede il blocco delle assunzioni per le università che superino il tetto del 90% di FFO per le spese relative al personale: non vengono colpiti gli atenei con i conti in rosso ma – in linea generale – tutti quelli che spendono troppo per i dipendenti. Per far fronte alle oggettive esigenze di personale tecnico-amministrativo, che in quasi tutti gli Atenei italiani risulta essere in sotto-organico, si ricorre continuamente all’escamotage dei co.co.co, precarizzando sempre più il pubblico impiego. Tuttavia, se sino allo scorso anno era possibile “assumere” precari senza alcun vincolo di spesa (se non legati alla programmazione annuale del fabbisogno annuale di personale di ogni singolo ateneo), con la Manovra economica si interviene ponendo dei vincoli economici: si potrà assumere per una quota pari al 50% di quanto speso nel 2009. (7)
Per gli Atenei che non sforano il 90% del FFO, le assunzioni dovranno rispettare il 50% del turn-over. Diventa, tuttavia, necessario ribadire come tali vincoli comporteranno una forte riduzione dell’offerta formativa, non legata a criteri quantitativi ma alla sola anzianità della classe docente. Di conseguenza, in mancanza di nuove risorse per il reclutamento, più vecchi saranno i docenti di un corso di laurea, maggiori saranno le possibilità che quello stesso corso potrà subire delle modifiche o addirittura giungere alla chiusura per la mancanza di docenti in servizio.
La Manovra economica, inoltre, interviene anche per quanto concerne le famose “permanenze in servizio” dei docenti over- 70 anni. Se la legge 133/08 interveniva prevedendo criteri per la concessione dei due anni di permanenza in servizio(8), la Manovra economica riconduce tale permanenza ad una “nuova assunzione”. Di conseguenza, per gli Atenei sarà possibile concedere la permanenza in servizio solo se rispettosi del tetto del 90% e la remunerazione dovrà essere decurtata dalla quota destinata alle nuove assunzioni (quota che – in relazione alla politica del turn-over – è decurtata del 50%). Ogni trattenimento, quindi, bloccherà due nuovi accessi dall’esterno.
Il Fondo di Finanziamento Ordinario 2010, i tagli del 2011 Il fondo di finanziamento ordinario del 2010 è stato ripartito con la nota ministeriale del 13 Settembre 2010 e prevede stanziamenti per un totale di 7,1 miliardi di euro, 400 milioni di euro in meno dello scorso anno, in linea con i tagli della legge 133/08. Inoltre è stabilita una quota pari al 10% del FFO (720 milioni di euro) da destinare agli atenei in base al soddisfacimento di determinati requisiti di merito nella didattica e nella ricerca. Il forte aumento di stanziamenti di questo tipo a fronte di una diminuzione del fondo totale comporta l’aggravarsi della situazione degli atenei in crisi, i quali hanno una bassa qualità della didattica o della ricerca, provocando un peggioramento ulteriore della loro situazione. Questo provvedimento potrà inoltre acuire le diseguaglianze fra atenei del nord e del sud Italia e fra atenei “virtuosi” e non. Le previsioni riguardo all’importo totale destinato alle università nel 2011 permettono di osservare una
situazione fortemente critica:
– Diminuzione del FFO di 316 milioni dovuti ai tagli operati nel 2008.
– Fine dell’applicazione dei fondi di cui alle legge n. 247/07 (finanziamento riequilibrativo per le università firmata dai ministri Mussi e Padoa Schioppa) di 550 milioni all’anno dal 2008 al 2010.
– Ad oggi non sono previsti stanziamenti straordinari di bilancio come i 400 milioni del 2010, prelevati tramite scudo fiscale.
In base a questi calcoli, l’FFO previsto per il 2011 dovrebbe attestarsi intorno a 6,1 miliardi, con un maxitaglio di 1 miliardo di euro. Questo in un periodo nel quale molti atenei hanno già dovuto fronteggiare i tagli attraverso cospicui aumenti delle tasse o attraverso la compressione di spese specifiche come i servizi agli studenti. La situazione per il 2012 prevede un ulteriore taglio di 417 milioni al fondo di finanziamento ordinario. Risulta pertanto difficile immaginare un’uscita dalla crisi del sistema universitario italiano con queste prospettive di finanziamento. Dall’altra parte si può immaginare facilmente il progressivo peggioramento della condizione studentesca legata alla diminuzione dell’investimento in diritto allo studio e all’aumento della contribuzione. L’unica strada che sembra percorribile per le università statali è quella di una privatizzazione effettiva.
1) le linee guida dell’Unione Europea, all’interno della Strategia di Lisbona 2010, prevedevano che la spesa totale in ricerca e sviluppo dovesse essere pari al 3% del Pil di ciascun paese. L’Italia, invece, ha una spesa totale in ricerca e sviluppo (e servizi collegati) che non raggiunge l’1% del Pil. All’interno di questa quota, circa lo 0,6% del Pil è speso nell’istruzione universitaria, lo 0,3% nella ricerca e sviluppo, lo 0,1% nei servizi agli studenti. (fonte OECD)
(2) Negli ultimi due anni eliminati 469 corsi di laurea, di cui 371 lauree triennali di primo livello e 97 lauree specialistiche.
(3) Legge 133/08; Manovra economica (DL. 78)
(4) COS’E’ L’FFO ??? Il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università (FFO) è un finanziamento statale che costituisce la principale fonte di entrata per le Università italiane. E’ in costante diminuzione da anni.
(5)La ripartizione del “minor taglio”, ovvero del 7% dell’FFO – così come previsto dalla l. 1/09, ex dl 180, ha scatenato una competizione fra gli Atenei per la richiesta di risorse sulla base di discutibili criteri “meritocratici”.
(6)Mozione CRUI – 8 luglio. I rettori finalmente si svegliano?
(7) art. 9 comma 28 DL 78
(8) art. 72 legge 133 Alcuni Atenei (es. Bologna, La Sapienza) hanno preferito la quiescenza per tutti i docenti con tali limiti di età. Altri, come l’Università di Bari hanno introdotto un regolamento per effettuare una selezione.
Fonte: http://www.retedellaconoscenza.it/universita/77-luniversita-in-crisi-al-tempo-della-crisi-analisi-tecnica-dei-tagli.html.
http://www.megachipdue.info/tematiche/cervelli-in-fuga/4774-luniversita-in-crisi-al-tempo-della-crisi-analisi-tecnica-dei-tagli.html