Da l’Unità on line
Superiori, la riforma cancellerà i precari
Finirà così. Finirà che a partire dal prossimo settembre tutti gli
insegnanti precari usciranno dalla scuola. Il ministero rassicurerà,
ritornerà a promettere ammortizzatori sociali senza avere il becco di
un euro e quant’altro.
La riduzione oraria nelle superiori,
così come nelle elementari e nelle medie (dove è operativa da un anno)
abbinata al prosciugamento totale dei fondi per l’autonomia a questo
porteranno. Ci saranno ancora forse una piccola porzione di incarichi
annuali e supplenze temporanee nei licei. Anche no, vediamo perché.
Esattamente
in queste settimane le scuole stanno facendo delle proiezioni teoriche
su quanti insegnanti serviranno, ipotizzando anche sulle iscrizioni che
però si chiudono a fine marzo, la cui consistenza si saprà dopo Pasqua.
Gli istituti tecnici hanno il taglio di ore più significativo perché la
riforma partirà dal primo anno e toccherà anche i successivi tre, ad
esclusione del quinto. Quattro ore perdute per ogni anno: 16 ore in
tutto. Ci sono professori che già oggi sanno che le loro diciotto ore
canoniche non le avranno più. Saranno <CF161>spezzati
</CF>su più scuole. Soprattutto in aree o troppo grandi o troppo
piccole si creerà un discreto disagio con insegnanti che dovranno
correre da una scuola all’altra, spesso distanti, con incastri di orari
non agevoli, ovviamente tutto a loro spese: togliete su uno stipendio
medio di milleequattrocento euro almeno cento per spostamenti.
Obbligati perché il ministero vuole risparmiare e troverete, si fa per dire, un mondo di professionisti felici.
Ma
il problema è anche un altro. I cosiddetti spezzoni utilizzati per
completamento orario sono possibilità rubate a colleghi precari che
proprio quelli andavano a prendere per insegnare, vivere e fare un po’
di punteggio. Non ci saranno più. Sarà, dunque, un’altra guerra tra
poveri, tra garantiti ma per nulla soddisfatti nel rapporto costi
personali/ricavi e non garantiti. I sindacati su questo punto
avrebbero, poi, alzato le braccia puntando ad una tutela ferrea degli
insegnanti di ruolo. Ricorrendo all’espediente dell’organico funzionale
i sindacati dei prof tentano di evitare la frammentazione dell’attività
di un docente su più scuole: consentire in quella di appartenenza il
completamento orario con attività a progetto per coloro che dall’anno
prossimo non arriveranno a completare le 18 da contratto previste nella
propria materia. Esempio: ne hai quattordici in diritto, le altre
quattro resterebbero a disposizioni per fare supplenza o per altre
attività previste dalla scuola. Il ministero vorrebbe elevare a 21
quand’anche a 22 l’orario dei primi in graduatoria di ruolo e non
occuparsi dei cosiddetti perdenti posto per contrazione oraria, ma
almeno su questo i sindacati non dovrebbero cedere.
Per i
precari, comunque, non ci sarà granché da fare. E quando la riduzione
oraria scatterà integrale anche nei licei il processo di sparizione
cattedre temporanee sarà completato. Sarà contento Tremonti per il
ritorno in bilancio, meno migliaia di famiglie italiane.
Il
processo, dunque, è inesorabile. La Cgil ha annunciato ricorso alla
Corte costituzionale sulla cosiddetta riforma Gelmini: in effetti ci
sono gli estremi per affermare la violazione del principio di
eguaglianza perché vi è disparità di trattamento tra tecnici e licei.
Ma i tempi di un pronunciamento sono lunghi e il taglio orario entrerà
comunque in vigore. Quel che viene da chiedersi è perché una battaglia
politica più consistente dal sindacato e dal centrosinistra non sia
stata fatta prima. I primi a chiederselo sono i professori.