Da L’Unità
Il comunicato dell’Udu
Né manager né baroni, le ragioni della protesta studentesca contro la riforma dell’università
La riforma dell’Università presentata in Consiglio dei Ministri tocca due temi molto delicati per gli studenti nella struttura del sistema universitario: la governance ed il diritto allo studio. Con questo ddl il Ministro Gelmini, o chi per lei, vuole completare l’opera iniziata con la L. 133, ovvero costringere gli Atenei ad intercettare finanziatori privati, con il fine di alleggerire la spesa pubblica del costo dell’Università.
Ecco, quindi, che gli Atenei aprono le porte dei loro Consigli di Amministrazione, per il 40% della composizione, a membri esterni al mondo accademico. Ma come dare rilevanza a questo 40% perché sia accattivante per i privati investire negli Atenei ed entrare nei loro CdA? Facendo di questo l’organo decisionale ultimo, il più importante, anche del Senato Accademico, fin’oggi organo di strategia e scelte politiche e di indirizzo, da domani mero organo propositivo.
Non possiamo accettare che l’indirizzo per le Università sia che le loro scelte vengano dettate da finanziatori esterni privati. Il livello decisionale degli Atenei dovrebbe vedere una partecipazione esclusiva di soggetti che l’Università la vivono quotidianamente, pensando che ha più senso un Senato Accademico con i poteri attuali e composto equamente da docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, piuttosto che un CdA sovrano assoluto dell’Ateneo e sotto scacco da privati.
Così come non possiamo accettare che il diritto allo studio, con il “Fondo speciale” che si vuole creare, venga slegato dai criteri di reddito. Le “prove nazionali standard” hanno tutto il sapore dei test d’ingresso, i quali è ormai evidente essere incompatibili con il merito, e attribuiranno borse di studio che dovrebbero, invece, essere fornite in primo luogo considerando le condizioni economiche dello studente. Così come è follia la delega al Governo per riformare il diritto allo studio, quando l’unico serio problema del diritto allo studio è il suo finanziamento.
L’Università pubblica deve basarsi sulla possibilità per tutti di frequentarla. La grande operazione che il Governo dovrebbe fare per rivoluzionare il sistema del diritto allo studio è molto semplice: un piano di investimento pluriennale che copra tutti i servizi del diritto allo studio. Il problema del diritto allo studio è il finanziamento pubblico, e su questo chiediamo al Governo una posizione chiara, quella di fare una scelta di lungo periodo, tesa a pensare a una Università accessibile a tutti, tesa a puntare sullo sviluppo, culturale e produttivo, di questo Paese partendo dall’innovazione, dalla ricerca, dalla cultura.
Siamo in piazza oggi davanti al Ministero dell’Istruzione per spiegare questo al Ministro Gelmini, per dire che non accetteremo di pagare noi studenti le scelte sbagliate del Governo, che non accetteremo aumenti delle tasse per i bilanci ridotti all’osso dal Governo. Non accetteremo che le nostre Università diventino aziende e che il diritto allo studio venga concepito come debito da contrarre piuttosto che come diritto da rivendicare.
Giorgio Paterna
Coordinatore Nazionale
Unione degli Universitari – sindacato studentesco
Consigliere Nazionale degli Studenti Universitari
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca