Da Carta on line.
Omid, ricercatore e destinatario di un manadto d’arresto per aver
manifestato contro il G8, scrive dall’Iran: «Sarà proprio sulle rovine
di questa crisi inevitabile che l’Onda Anomala porterà avanti senza
paura la sua idea di democrazia, all’insegna della libertà e
dell’autonomia»
Per anni ci hanno insegnato nelle scuole e nelle
università che i tratti che disinguono una democrazia sono la libertà
di pensare, di poter scegliere in autonomia i propri percorsi di vita
nel rispetto delle idee altrui e la possibilità di avere gli strumenti
per effettuare tale scelta. Ci hanno sempre ripetuto che chi detiene il
potere ha il compito di ascoltare tutte le voci che si alzano dalle
pieghe della società e il dovere di tentare di interagire con le
contraddizioni e i conflitti con gli strumenti del confronto politico,
anche duro, e della mediazione. Una democrazia è tale soprattutto se i
pensieri, le propensioni comportamentali, le aspirazioni soggettive e
le rivendicazioni politche, anche quelle delle minoranze, sono
rispettate e ritenute in qualche modo legittime. Questo ci hanno sempre
detto. Oggi, guardando a quello che succede in Italia, mi chiedo se
qualcuno abbia la sensazione di trovarsi in una vera democrazia.
Pendiamo in esame tre questioni di grande attualità: il lavoro, l’immigrazione e l’istruzione.
Per quanto riguarda il lavoro nessuno può negare che, in questi tempi
di crisi, la precarietà diffusa, dovuta all’imporsi di nuove forme
contrattuali chiaramente discriminatorie per gran parte dei lavoratori
e una generale distribuzione della ricchezza marcatamente diseguale,
portano molti lavoratori e disoccupati a rivendicare migliori
condizioni salariali e un erogazione di reddito in grado di aprire
possibilità di vita dignitose. Ebbene di fronte a questa legittima
domanda sociale la reazione governativa è da una parte il tentativo di
non considerare neppure l’emersione di nuove forme di lavoro e
sfruttamento, e quindi lesistenza della rivendicazione di nuovi
diritti, e dall’altra di attaccare penalmente il diritto allo sciopero.
Delegittimare e criminalizzare dunque.
Sul terreno dell’immigrazione le cose stanno di fonte a tutti. Il
pacchetto sicurezza, e in particolar modo l’introduzione del reato di
imigrazione clandestina, sancisce definitivamente il disinteresse del
governo nell’affrontare questa questione con politiche sociali e con
nuovi progetti di integrazione nel rispetto dei diritti e
dell’autonomia dei migranti e insiste con la strategia della
criminalizzazione e dell’utilizzo dello strumento penale e repressivo.
Una politica che riproduce inevitabilmente discriminazione verso
migliaia di persone e una cultura di paura, sospetto e diffidenza per
la società intera. Arriviamo ora ai fatti di questi giorni e qundi alla
questione della formazione.
Erano anni che presentavamo le nostre critiche alla riforma 3+2, voluta
ricordiamo dal centro-sinistra, parlando di de-qualificazione dei
saperi, di liceizzazione e di aziendalizzazione dell’università. Quando
la Gelmini e in generale il governo Berlusconi hanno palesato il loro
progetto si è scatenata una diffusa contestazione sociale. Tutto
avvenuto alla luce del sole. Abbiamo espresso la nostra preoccupazione
verso quello che sembrava uno smantellamento vero e proprio
dell’università pubblica, data la consistenza dei tagli e la previsione
della creazione delle fondazioni universitarie e abbiamo dato vita a
questa legittima preoccupazione con una legittima contestazione.
Assemblee, cortei come quello di Roma a cui hanno partecipato centinaia
di miglia di persone, blocchi stradali e occupazioni in tutta Italia
hanno dunque tradotto politicamente, senza violenza alcuna e con
determinazione, una legittima domanda sociale che si alzava da tutto il
paese.
Abbiamo in mente la costruzione du un’università pubblica adeguatamente
finanziata dove i protagonisti siano sapere critico, cultura libera e
ricerca «autonoma». Tutto al servizio della nostra voglia di conoscere
la realtà sociale contemporanea e, perchè no, magari di poterla
trasformare. Questo abbiamo detto e fatto per mesi. E lo rivendichiamo
come giusto e legittimo. La risposta è stata banale, scontata e per
certi versi “coerente”. I presidi e i rettori, gli stessi che
appoggiavano la protesta, hanno smesso di parlare con noi appena
abbiamo denunciato gli interessi feudali e i poteri baronali presenti
in molti atenei. Sono arrivate le prime denunce e le prime cariche
quando la mobilitazione ha dimostrato in qualità, tenuta e
partecipazione di non essere la solita e rituale agitazione autunnale.
Le facoltà hanno cominciato a sgomberare le aule autogestite che per
settimane hanno portato una ventata di partecipazione degli studenti
alla vita universià e alla produzione e trasmissione del sapere e
alcuni presidi hanno cominciato a negare le autorizzazioni per far
svolgere conferenze e seminari di autoformazione. Questione di ordine
pubblico ci hanno detto. Infine, quando le lotte di studenti e
ricercatori hanno cominciato a interagire con altre mobiliazioni
diffuse sul territorio, quando insomma abbiamo cominciato a capire che
la formula “moltitudinaria” che aveva caratterizzato il movimento
dell’Onda poteva rappresentare una ricchezza importante da spendere in
diversi terreni di lotta e rivendicazione, allora puntuale è arrivato
il colpo di spada del Leviatano.
«Non abbiamo un granchè a livello di prove ma i soggetti arrestati
preventivamente avrebbero potuto partecipare alle mobilitazioni del G8
all’Aquila»: questo dicono nelle motivazioni dalla procura di Torino.
Ecco quindi di nuovo la formula collaudata. Non riconoscere l’esistenza
di un certo conflitto sociale, ignorarla e poi trasformarla in
questione di sicurezza e ordine pubblico e infine criminalizzarla
colpendo un pò a caso un pò miratamente le persone che l’hanno fatta
emergere. Colpire i «cattivi» per intimidire i «buoni». Dividere
laddove la messa in rete delle differenze aveva rappresentato un punto
di forza. Produrre allarmi sociali e nemici pubblici per mistificare la
realtà.
E’ questa la strategia del governo per affontare una crisi economica e
poltica che sta mettendo in discussione le basi stesse di una
democrazia sempre più logorata, sempre più violentata, sempre più
anomala.
Niente piagnistei però. Sarà proprio sulle rovine di questa crisi
inevitabile che l’Onda Anomala porterà avanti senza paura la sua idea
di democrazia, all’insegna della libertà, dell’autonomia e della
partecipazione vera di tutti alla vita sociale del paese.