Roma – lettera aperta per la Manifestazione di Sabato

Lettera aperta degli studenti e delle studentesse, dei precari e delle precarie dell’Onda per la manifestazione di Sabato 28 marzo, in occasione del G14 sugli ammortizzatori sociali, il welfare e il lavoro.

Alla città di Roma, ai suoi cittadini e alle sue istituzioni,
ai movimenti sociali, ai sindacati, alle forze politiche,

 

La lettera che segue ha in primo luogo una funzione, informare tutte e
tutti delle nostre intenzioni. Sabato 28 marzo le studentesse e gli
studenti, le precarie e i precari dell’Onda si incontreranno in piazzale
Aldo Moro, si uniranno ai collettivi degli studenti medi (già dalla
mattina impegnati in differenti iniziative che si svolgeranno a partire
dal liceo Virgilio) e da lì si sposteranno in corteo e raggiungeranno il
concentramento di piazza Esedra per partecipare
alla manifestazione
contro il G14 sugli ammortizzatori sociali, il welfare e il lavoro che
si svolgerà, dal 29 al 31 di marzo, presso la Farnesina. Ci teniamo a
darvi anticipatamente questa notizia, perché la scorsa settimana siamo
stati vittima di cariche indiscriminate da parte delle forze
dell’ordine, cariche che ci hanno impedito di uscire dalla città
universitaria e di prendere parte allo sciopero generale indetto dalla
Cgil-Flc, e vorremmo che questa scena non si ripeta più!
Per quale motivo intendiamo ripartire in corteo proprio da piazzale Aldo
Moro? In primo luogo per ribadire un diritto fondamentale: il diritto al
dissenso. Impedire con i manganelli ad un movimento di esprimersi
significa negare i basilari diritti democratici e lasciare spazio ad
un’iniziativa politica dal sapore apertamente autoritario. Quanto
accaduto alla Sapienza mercoledì 18 marzo – quattro cariche da parte dei

reparti anti-sommossa della polizia, dei carabinieri e della guardia di
finanza ‒ non ha riguardato e non riguarda solo gli studenti dell’Onda e
più in particolare gli studenti della Sapienza, ma riguarda tutti i
movimenti, le forme di conflitto e di dissenso che investono il mondo
della scuola e dell’università, ma anche il resto del mondo del lavoro.
Impedendo ai movimenti di manifestare e di criticare le politiche del
governo si cancellano le regole democratiche per istituirne di nuove,
fatte di intolleranza e di violenza.
In secondo luogo vogliamo ribadire non solo il diritto a manifestare, ma
quel diritto, ormai quasi “consuetudinario”, di poterlo fare a partire
dalla città universitaria. Con l’Onda di ottobre e di novembre questa
consuetudine si è enormemente estesa, per numero e qualità. Corteo
locale o nazionale per le studentesse e gli studenti dell’Onda
significava e significa
partire da piazzale Aldo Moro, percorrere la
città, bloccare il traffico e far sentire la propria voce, dopo averla
usata con passione e con coraggio nelle facoltà, nei corridoi, nelle
classi universitarie. Normale, per chi vive le proprie giornate
nell’università vederla e viverla come il luogo proprio della protesta,
dell’impegno critico, della passione politica. Sono decenni che
l’università è punto di partenza delle manifestazioni studentesche sulla
formazione, sui nuovi diritti, contro la guerra e contro il razzismo,
non saranno di certo le manganellate della scorsa settimana,
  né tanto meno il protocollo a cancellare questa abitudine virtuosa.
Ma veniamo al terzo motivo, parliamo del protocollo “anti-cortei”. Come
in molti hanno ripetuto in questi giorni (Cgil compresa), il protocollo
non ha valore normativo e universale, vincola i firmatari e non chi il
protocollo non l’ha firmato.
Le regole, quando valgono per tutti,
debbono essere decise da tutti e questo non è certo il caso del
protocollo. Inutile segnalare dunque che non siamo tenuti a rispettare
una cosa che non ci riguarda, né tanto meno ad abbassare la testa nei
confronti di chi del protocollo intende fare un uso muscolare e
liberticida. Uso strumentale dice qualcuno, probabilmente. Rimane il
fatto che da Maroni al rettore Frati tutti sostengono che premessa delle
cariche del 18 è stato proprio il protocollo, anzi, un corretto uso del
protocollo. Così come invitiamo tutte le forze politiche e sindacali che
hanno firmato il protocollo a riflettere seriamente non tanto e non solo
su quanto è accaduto, ma anche su quanto potrebbe
  accadere, segnaliamo con forza che per noi il protocollo non vale e
quindi, così come abbiamo fatto per molti anni e in particolare per
tutto l’autunno, noi ci concentreremo in p. Aldo
Moro.
Infine, la nostra scelta è segnata anche da un consapevolezza ulteriore:
ci troviamo di fronte alla più grande crisi degli ultimi settant’anni,
oggi nella sua fase più acuta. Questa consapevolezza ci spinge a lottare
e a non rimanere fermi di fronte alla catastrofe. Catastrofe
dell’università, della ricerca, della formazione, del mondo del lavoro e
delle garanzie sociali in genere. Il governo non conosce battute
d’arresto, nonostante le centinaia di migliaia di studenti in piazza per
oltre tre mesi; le sane abitudini europee che portano governi anche di
destra (come accadde in Francia del 2006, al seguito del movimento
anti-Cpe) a modificare leggi impopolari nel nostro paese sembrano non
avere alcuno spazio. Ma noi non ci stiamo ad essere umiliati, messi
all’angolo; noi non sopportiamo il clima antidemocratico di questo
paese, noi non abbiamo intenzione di perdere e di tornare a casa, nella

nostra solitudine. Noi saremo ancora tanti e affianco a noi
  ci saranno anche precari, lavoratori, migranti, senza casa, tutti
coloro che non hanno prodotto la crisi e non intendono pagarla. Per
questo ultimo motivo, oltre che per i precedenti, la scelta di p. Aldo
Moro ci sembra la migliore.

Invitiamo tutte e tutti coloro che credono che il dissenso non possa
essere messo a tacere a raggiungerci all’università a partire dalle 14,
affinché in tante e tanti si possa riconquistare un diritto che i
manganelli intendevano e intendono toglierci.

Studentesse e studenti, precarie e precari della Sapienza in Onda

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