Difendiamo la scuola e l’università, liberiamo e condividiamo i
saperi per un futuro libero dall’ignoranza.
Abbiamo detto da subito che non volevamo pagare la
crisi, per questo saremo di nuovo in piazza il 18 marzo, il giorno dello
sciopero e come ad ogni sciopero, parteciperemo in movimento, determinati a
portare in piazza le ragioni del mondo della formazione.
Siamo scesi in centinaia di migliaia, in
movimento, anzi in Onda, inarrestabili, bloccando le strade tra gli applausi
dalle finestre, fermando il traffico con il sorriso degli automobilisti, perchè
ognuno, se non è più a scuola o all’università, ha lì un figlio, una sorella
minore o un nipotino, perchè il blocco della produzione, a partire dalla
circolazione che abbiamo messo in campo era a difesa del futuro di tutte e
tutti.
I tagli della scure firmata Tremonti-Gelmini non
si sono fermati e abbiamo cominciato a pagarne le conseguenze studenti, docenti,
ricercatori, professori, tecnici amministrativi, tutte e tutti coloro che hanno
a che fare con il mondo della conoscenza e non solo.
In questi mesi sono stati colpiti molti altri
pezzi di società: meno soldi, ma anche meno diritti e libertà. Abbiamo visto la
limitazione del diritto di sciopero, i pacchetti sicurezza e il decreto
antistupri fatto di ronde, come strumenti per diffondere razzismo e non per
garantire una vita migliore a tante e tanti. E’ nei momenti di crisi che si
rende più facile far passare la demagogia di discorsi discriminatori e
intolleranti, dell’autoritarismo e questa è l’unica risposta che vediamo ora da
parte del governo.
Abbiamo anche visto i primi risultati dell’effetto
Gelmini e del tentativo autoritario nelle scuole: una pioggia di 5 in condotta e
un aumento smisurato delle insufficienze in materie come la geografia e le
lingue fondamentali dati preoccupanti che fanno pensare ad un futuro cupo,
soprattutto nell’era della globalizzazione.
L’attacco alla conoscenza tramite i tagli, tramite
le riforme e le modifiche della didattica è assolutamente strumentale alla
diffusione di ignoranza e quindi della diffidenza e della paura nei confronti
degli altri. In questo senso non voler pagare la crisi va a significare una
rivendicazione culturale ben più ampia: non è solo opporsi ai tagli
indiscriminati agli stipendi, ai posti di lavoro, ai corsi, ma significa
soprattutto che la crisi non la vogliamo pagare nemmeno sulla nostra pelle in
termini di sottrazione delle libertà, in quanto soggettività molteplici e
differenti.
In tutti questi mesi non abbiamo però smesso di
far sentire la nostra voce, a volte meno forte, ma costante, abbiamo sviluppato
le pratiche di costruzione della buona scuola, dell’università
dell’autoformazione, della libertà di ricercare, perchè rivendichiamo la
possibilità di scegliere consapevolmente sul futuro delle giovani generazioni e
non solo. Rivendichiamo all’Onda di questo autunno e alle mareggiate a venire,
ma anche al lavoro meticoloso di reti solidali che fanno vivere la battaglia
sulla formazione, la capacità di disegnare un futuro meno cupo, di scambiare
realmente i saperi di produrre delle soluzioni nel corso della lotta, chiara, e
netta, contro l’ennesimo colpo micidiale fatto di tagli di fondi.
Lo dimostreremo anche Mercoledì 18 in piazza,
facendo del corteo un giorno di cooperazione, in cui salgano in cattedra i
precari della ricerca rivolti agli studenti medi come gli studenti delle
università rivolti ai bambini delle materne, i docenti e i professori, portando
un’altra volta in piazza, davanti a tutti la nostra forma gioiosa e costruttiva
di bloccare la città manifestando.