(a cura della redazione del blog). Prime impressioni e riflessioni dopo l’assemblea nazionale del 24 marzo a Bologna.
Su bologna l’impressione è stata positiva, durante e dopo l’assemblea. E’ stata una giornata partecipata, c’erano persone da tutte le università e in rappresentanza dei molti nodi di vario tipo che si sono costituiti durante la protesta alla riforma Gelmini. I vari coordinamenti nel tempo si sono piuttosto rosicchiati e contratti, e siamo anche sempre più vecchi e stanche, ma diciamo che ci sono dei resistenti e ciò è già positivo! Un centinaio e forse più erano inoltre in collegamento streaming, altro dato positivo.
Ci sono stati vari interventi introduttivi, con una presenza importante e nuova rappresentata dai docenti ordinari e associati, che raramente nei tempi passati avevano partecipato a questo tipo di iniziative. La trasversalità, con i suoi punti di forza e qualche lato debole, pare essere la novità principale di questa mobilitazione. Naturalmente, i decreti 436 e 437 del ministro Profumo hanno creato una nuova emergenza, che agisce da catalizzatore del malumore, richiedendo però anche nuova attenzione, concentrazione e reazione. Il senso profondo sembra essere chiaro a tutti e cioè che qui si gioca una partita decisiva sull’università e l’istruzione pubblica come diritto universale. Per questo il tema del valore legale del titolo di studio è emerso con molta forza, anche per effetto del lancio del questionario on line da parte del Ministro Profumo: lo trovate qui http://www.istruzione.it/web/ministero/consultazione-pubblica e scade il 24 Aprile. La proposta uscita dall’assemblea è fare un contro-questionario, da consegnare al Miur nello stesso giorno in cui scade quello promosso dal Ministro. Ci stiamo attivando per farlo.
L’assemblea ha approvato un documento finale in fase di editing, lo trovate comunque su facebook cercando Università bene comune.
Si è parlato di valutazione, ed è stato criticato il METODO con cui sono stati approntati dall’Anvur i criteri di valutazione in uso ora per la Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010. L’idea NON è quella di respingere la valutazione tout court, ma quella di riaprire la discussione in una chiave più partecipata innanzitutto. Secondo: usare la valutazione come strumento premiante e non punitivo e di fatto funzionale alla giustificazione della contrazione dell’università pubblica, della sua offerta, del suo organico, ecc. L’uso strumentale della valutazione, in altre parole, è il bersaglio principale. C’è stata anche una proposta sulla riforma della peer review: l’idea è quella di rendere eticamente responsabili i referee, rendendoli noti dopo il passare di un breve arco di tempo. Altro nodo è che cosa valutare: forse non è il caso di valutare solo la quantità/ qualità dei “prodotti” della ricerca. Se partiamo da un diverso presupposto, e cioè che l’università è un servizio pubblico e un bene comune, il concetto stesso di valutazione e di che cosa sia importante valutare, ci pare possa cambiare. Forse sarebbe importante valutare la qualità dei servizi bibliotecari, in funzione non di una classifica di bravi e cattivi, ma in funzione di un miglioramento del servizio, in vista di un incremento della sua qualità per gli utenti…E poi la didattica…come si valuta? in funzione di quale obiettivo? qual è l’optimum nella didattica? Tutto questo va ripensato seriamente, fermandosi un attimo forse.
Altro punto dolens: reclutamento e struttura della carriera. La proposta è sostanzialmente quella che si è consolidata nel tempo: Unica figura pre-ruolo (ricercatore a tempo determinato di tipo B, ma ci sono problemi sulla questione, però diciamo l’ideale sarebbe questo con tenure track) e Ruolo UNICO della docenza, che non significa ovviamente unico dal punto di vista stipendiale, ma unico dal punto di vista FUNZIONALE, cioè riconoscere che un ricercatore e un ordinario non fanno un lavoro diverso. le ricadute virtuose di ciò sarebbero, e sono d’accordo personalmente, una forte scossa a rendite di posizione e subalternità varie.