Da L’Unità on line.
Precari ISPRA, dal tetto al nulla, pronti a protestare ancora. di Luciana Cimino.
Strano destino quello dell’Ispra. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente vigilato dal Ministero dell’Ambiente, ha sempre più compiti e emergenze da seguire ma ha sempre meno soldi per assumere personale e per svolgere le sue preziose attività di ricerca e controllo. Eppure che la sua funzione sia importante lo dimostrano le vicende degli ultimi mesi: è l’Ispra a gestire la parte italiana dell’emergenza nucleare causata dal terremoto in Giappone, ad aver seguito l’emergenza per lo sversamento di idrocarburi nel nord Sardegna, la vicenda navi dei veleni in Calabria, il monitoraggio della biodiversità nel Canale di Sicilia, tutti gli interventi legati al dissesto idrogeologico del territorio. O meglio sono anche e soprattutto i precari dell’Ispra.
200 persone circa, eccellenze della nostra ricerca, che tra il 2009 e l’anno scorso hanno passato per protesta due mesi sul terrazzo della sede di via Casalotti, a Roma, per difendere il loro lavoro (erano tutti in scadenza) e la dignità della ricerca scientifica. «La protesta sul tetto ha ottenuto visibilità mediatica e politica e allora il ministro Prestigiacomo, dopo averci ignorato – raccontano i precari del coordinamento Usi/Rdb – d’accordo coi vertici dell’ente ci ha promesso il rinnovo dei contratti per un anno e un protocollo d’intesa per risolvere il problema attraverso concorsi pubblici e scorrimento delle graduatorie».
NULLA È CAMBIATO
A distanza di 16 mesi nulla è cambiato, lamentano oggi i precari. «Dicono che l’Istituto non ha soldi per assumere i 90 vincitori di concorso, figuriamoci per regolarizzare gli altri 100 co.co.co, borsisti, assegnisti, tempi determinati». L’amministrazione dell’ente non ha ancora ricevuto trasferimenti sufficienti dal governo e dal ministero dell’Ambiente, «quindi – denunciano i precari riuniti sabato scorso in un sit in sotto la sede di via Curtatone – di non poter andare avanti con le assunzioni previste dal protocollo d’intesa siglato lo scorso anno al termine della lotta del tetto, la cui applicazione integrale consentirebbe finalmente il buon funzionamento dell’Istituto e l’“emersione” di oltre 200 lavoratori che ancora oggi svolgono le stesse attività dei colleghi a tempo indeterminato, senza però ricevere lo stesso trattamento economico e contrattuale».
Monica Targusi, 34 anni, lavora all’Istituto da 8 anni. È risultata idonea al concorso ma delle promesse della Prestigicomo e del presidente dell’Ispra Bernardo De Bernardinis (membro della commissione Grandi Rischi della Protezione Civile durante il terremoto in Abruzzo) non si fida: «Dietro questa mancata regolarizzazione dei precari c’è un evidente tentativo politico di svilire la ricerca scientifica». «L’Ispra infatti esegue funzioni di ricerca e controllo che è importante che gestisca un istituto pubblico che, almeno in teoria, dovrebbe essere imparziale. Immaginiamo per esempio cosa accadrebbe se le ricerche per il nucleare in Italia le facesse un ente con fini di lucro». Umberto Scacco di anni invece ne ha 40 e “scade” tra una settimana. Dopo 12 anni di lavoro ininterrotto per l’Ispra. E dire che al concorso è risultato terzo. «Non posso più essere rinnovato, all’estero in una situazione come la mia, dopo tanti anni di apprendistato, l’assunzione sarebbe automatica, ma in Italia è impossibile». Lui adesso si ritrova a reinventarsi un mestiere, avendo tre figli e un mutuo da pagare, «per noi che siamo cresciuti nella ricerca e con profitto ricollocarci nel mercato del lavoro è difficilissimo, è umiliante dopo tutto questo precariato doverti inventare un mestiere qualsiasi per riciclarti». «I vertici dell’Ispra stanno perseguendo nei fatti, al di là delle promesse, una politica contraria a quella della valorizzazione del personale e della ricerca, non c’è la volontà di creare un polo di eccellenza scientifica. Noi ci chiediamo: c’è una deliberata strategia a confondere le acque per mettere in archivio la parte che fa ricerca di questo istituto?».
Domani la prossima riunione con l’ente. «Vogliamo che mettano nero su bianco un programma di assunzioni altrimenti faremo ripartire una protesta ancora più dura».