Il CPU ha lanciato una sottoscrizione per chiedere ai Senati Accademici e ai Consigli di Amministrazione delle università statali di deliberare l’uscita dei propri atenei dalla CRUI. In questo periodo di tagli alla ricerca e all’istruzione (ultima vittima le borse di studio, appena tagliate del 90%), che stanno rendendo sempre più difficile studiare, insegnare e fare ricerca, è inaccettabile che gli atenei statali versino oltre un milione e mezzo di euro provenienti dai propri bilanci per pagare le quote di iscrizione ad un organismo inutile ed arcaico che per di più si costituisce come associazione di università pur essendo, nel nome e nei comportamenti, null’altro che il sindacato dei rettori. Come tutti i lavoratori italiani, i rettori dovrebbero pagarsi da soli l’iscrizione al proprio sindacato.
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La sostanziale inerzia della Conferenza dei Rettori (CRUI) in questo biennio di tagli e la sua incapacità di farsi interprete del malessere e del dissenso del mondo accademico di fronte alla cosiddetta “riforma dell’università” dimostrano in maniera incontrovertibile come questa associazione non sia ormai più in grado di svolgere in maniera credibile le funzioni previste dal suo stesso statuto (rappresentare le università italiane e valorizzarne l’autonomia, proporre a Governo e Parlamento pareri tecnici sul sistema universitario, sostenere iniziative volte a migliorare il sistema di ricerca ed alta formazione, elevare la funzionalità, la qualità e il prestigio del sistema universitario italiano).
Le recenti prese di distanza di alcuni rettori dalle posizioni ufficiali della CRUI, dopo mesi di sbandierato unanimismo, mostrano tutti i limiti di un organismo arcaico, incapace di sviluppare un dibattito e darsi meccanismi di funzionamento realmente democratici.
Di fronte all’evidenza che la CRUI oggi non serve davvero più a nulla e a nessuno, ci chiediamo e chiediamo all’intero corpo accademico che senso abbia tenere in vita strutture costosissime come la CRUI e la fondazione CRUI, cui le università italiane, colpite da tagli pesantissimi, versano ogni anno quote associative che non hanno conosciuto alcuna crisi economica. Mentre si tagliano servizi e personale e gli investimenti in ricerca sono costantemente ridimensionati, il finanziamento di questa “associazione di università” è un lusso che il nostro sistema accademico davvero non può più permettersi.
Il legittimo diritto dei rettori a darsi proprie forme di rappresentanza può benissimo essere svolto da una nuova associazione di rettori, e non di università, che come ogni associazione di categoria si finanzi con i contributi personali degli iscritti.
Per queste ragioni inviamo un appello ai rettori, ai senati accademici, ai consigli di amministrazione di tutte le università pubbliche italiane affinché deliberino la fuoriuscita dei propri atenei dalla CRUI e investano le risorse risparmiate in servizi di maggiore utilità per il sistema universitario e per l’intero paese.