Il Blog di Vulcano Statale ha pubblicato un’intervista al coordinamento dei ricercatori dell’università Bicocca, che riportiamo qui di seguito.
Intervista al Coordinamento dei ricercatori dell’università Bicocca
Milano-Bicocca è un Ateneo giovane con grandi potenzialità e ottime prospettive, ed è ancora nella fase di sviluppo. Il taglio dei fondi all’università e il blocco del turnover mettono il nostro Ateneo nelle condizioni di non potersi sviluppare nel migliore dei modi e continuare a garantire una offerta formativa di elevata qualità per un numero di iscritti costantemente in crescita. Inoltre, essendo un Ateneo non ancora maturo, ha dovuto far fronte alle varie riforme dell’Università e in particolare al passaggio al 3+2 appoggiandosi molto sulla didattica volontaria dei ricercatori
Quali sono le mansioni coperte oggi dai ricercatori in Bicocca?
I ricercatori fanno primariamente ricerca, se ci riescono. L’attività ovviamente dipende dal settore in cui si lavora, ma comprende sempre sperimentazione, consultazione della produzione scientifica internazionale, partecipazione e/o organizzazione di congressi scientifici, stesura di articoli su riviste accreditate o libri. In molti settori inoltre i ricercatori si occupano di seguire le attività di stage e di tesi degli studenti, oppure svolgono altre forme di didattica integrativa, quali esercitazioni o integrazioni ai corsi, seminari e cicli di lezioni. In aggiunta a tutto ciò spesso svolgono il ruolo di supplenti per uno o più corsi frontali, e quindi preparano lezioni, rispondono alle domande degli studenti, svolgono esami. Insomma, di solito hanno delle giornate piuttosto impegnative.
Cosa farete domani, una volta che il DDL 1905 diventerà legge?
In caso il DDL Gelmini venga approvato senza modifiche sostanziali, continuando a mantenere la linea di sostituzione dei ricercatori attuali con contrattisti a tempo determinato con obbligo di docenza, che faranno ricerca nei ritagli di tempo, gli attuali ricercatori si troveranno di fronte ad un dilemma: continuare anch’essi a fare didattica oppure dedicarsi alla ricerca, e considerando che sono l’unica componente universitaria che per legge dovrebbe dedicarsi proprio a quest’ultima crediamo che questa scelta sarebbe doverosa, e necessaria perché la ricerca in Italia non scompaia.
Quali sono le vostre posizioni?
Il DDL Gelmini ci trova praticamente tutti contrari perché svilisce il nostro ruolo all’interno dell’Università, non cambia il nostro stato giuridico ma al contempo ci sostituisce con una figura che avrà obblighi didattici così pesanti che potrà fare ricerca forse per sei mesi l’anno. La ricerca non è un lavoro part-time: occupa tempo ed energie, e non è sempre compatibile con altri tipi di impegni. Per chiunque di occupi di ricerca, in qualsiasi ambito, conciliare il lavoro sperimentale e l’attività didattica richiede notevoli doti di funambolismo.
La ricerca sarà la grande vittima di questa riforma, e con essa la qualità della didattica universitaria, che da sempre trae la sua fonte proprio da essa.
Cosa avete ottenuto fino ad adesso?
Abbiamo ottenuto il rinvio della discussione del DDL Gelmini a dopo la legge finanziaria. Abbiamo sensibilizzato studenti e opinione pubblica sulle condizioni in cui versa il sistema universitario italiano. Grazie alla mobilitazione sono stati proposti emendamenti per l’introduzione di 9000 posti di associato in sei anni e correttivi sui blocchi stipendiali dei giovani ricercatori.
Insomma, siamo preoccupati perché non vediamo come l’università potrà mantenere alti standard formativi e ci viene promesso che avremo la possibilità di far carriera: macosa farà un associato in una università declassata, sotto finanziata e senza prospettive? E cosa farà chi rimarrà ricercatore senza poter accedere a fondi di ricerca? Ci stanno forse dicendo che dovremmo accontentarci di prendere uno stipendio… ma di cosa dovrebbero accontentarsi gli studenti?
Fino a dove pensate di spingervi con la protesta?
La protesta ha lo scopo di evidenziare un problema, la soluzione del problema purtroppo è al di fuori della nostra portata. Se questa è l’università che si desidera noi non potremo che convivere con questa triste verità. E adattarci. Qualcuno di noi sta già pensando di emigrare.
Cosa siete disposti a rischiare?
In realtà siamo in una posizione privilegiata, ed è qualcosa che ci viene spesso rinfacciato: noi almeno abbiamo un lavoro. Cosa rischiamo? Che alcuni dei corsi che faticosamente abbiamo contribuito a creare vengano disattivati, che i nostri superiori ci etichettino come piantagrane, o peggio, che le nostre Facoltà o Atenei subiscano dei danni per la nostra indisponibilità. Tuttavia riteniamo che sia il momento anche per i nostri Atenei di farsi carico degli eventi: la riforma non sarà indolore per nessuno, e i danni che ne deriveranno fanno apparire ridicoli i rischi che potremmo creare noi.
Dite NO su tutta la linea del DDL 1905? O esistono anche degli spunti positivi?
Il DDL contiene ottimi spunti di attenzione alla meritocrazia, andrebbero potenziati e resi davvero significativi e soprattutto applicabili nel sistema universitario italiano.
Qual è la vostra proposta?
Ci sono tante proposte sul tappeto proprio perché i problemi di cui ci stiamo occupando sono diversi e complessi. Un’ottima base di partenza sono le proposte avanzate dalla Rete29aprile, che raccoglie i ricercatori che protestano contro il disegno di legge, rintracciabili a questo indirizzo:http://www.rete29aprile.it/FILES_UPPATI/R29A%20e%20VII%20commissione%20camera_finale.pdf.