Pubblichiamo la lettera di un ricercatore di Roma-Tor Vergata che descrive e denuncia un concorso truccato. La lettera è pubblicata su Sociologica (vai al sito).
Ho letto l’articolo, bello e coraggioso, di Marco Santoro presentato al seminario organizzato dalla “Rassegna Italiana di Sociologia” a Milano-Bicocca venerdì 1° ottobre 2010, in cui vengono rivolte alcune critiche molto dure alla suddivisione della sociologia italiana in componenti.
Intervengo nel dibattito sulla presunta crisi della sociologia italiana per richiamare l’attenzione della “comunità scientifica” su un concorso di Sociologia politica da me impugnato al TAR e su cui sta attualmente indagando la Procura della Repubblica di Chieti, dati i profili penali, oltre che amministrativi, emersi nella vicenda. Preciso che la Procura della Repubblica di Chieti è stata invitata a indagare sull’operato di alcuni commissari non dal sottoscritto, che si è limitato al processo amministrativo, ma dal Rettore di Chieti.
In seguito alla mia impugnazione, ho ricevuto minacce da parte di professori ordinari (anche telefonicamente, cosa assai rischiosa in un’epoca di tabulati e di registrazioni!), i quali si sono a me rivolti in questi termini: “Tu non immagini il male che hai fatto a te stesso rivolgendoti alla magistratura. L’Università ha le sue regole. Non vincerai mai più un concorso e ai concorsi futuri pagherai per ciò che hai fatto”. Alcune di queste minacce, anche se in forma meno aggressiva ed esplicita, mi sono state nuovamente rivolte in occasione del recente convegno nazionale di Sociologia a Milano, cui ho partecipato.
Ciò che è successo a Chieti tra il 19 e il 21 maggio 2010 fornisce, a mio giudizio, una misura precisa del degrado cui è giunta la sociologia italiana. Lascio ad altri l’individuazione delle cause: mi limito ai fatti. Vorrei, innanzitutto, presentarmi. Mi chiamo Alessandro Orsini, ho 35 anni, laurea in Sociologia a Roma “La Sapienza” con media del 110 al momento della discussione, ricercatore confermato di Sociologia politica a “Tor Vergata”, autore di 7 volumi e numerosi articoli. Il mio ultimo “Anatomia delle Brigate rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario” è un libro di sociologia storica di circa 500 pagine, attualmente in corso di pubblicazione in molti Paesi per i tipi della Cornell University (pubblicazione marzo 2011 con il titolo di “Anatomy of the Red Brigades. The Religious Mindset of Modern Terrorists” ) e ha recentemente vinto il Premio Acqui Storia 2010, che alcuni autorevoli studiosi considerano “il più importante riconoscimento in Europa alla saggistica storico-scientifica” (“La Repubblica”, 23 settembre 2010). Sono stato invitato a esporre le mie ricerche anche ad Harvard, MIT, Johns Hopkins, Brookings Institution, Boston College, Umass Boston. Sono stato favorevolmente recensito da accreditate riviste americane. Ho però perso tutti i concorsi di professore associato cui mi sono presentato perché, secondo le parole di una professoressa ordinaria, preposta alla gestione dei concorsi di Sociologia politica per conto di una precisa componente accademica: “E’ stata condotta un’indagine su Orsini (santa pace, un’indagine!) e nessuna componente accademica considera Orsini suo membro”, cosa peraltro assai vera perché non ho mai voluto aderire a nessuno di questi “gruppi”. Vinsi da “outsider” un dottorato senza borsa in “Teoria e storia della formazione delle classi politiche” a “Roma Tre”, dopo avere perso tutti gli altri concorsi ai dottorati di Sociologia “perché i posti”, così mi veniva ripetutamente spiegato, “sono tutti già assegnati e tu non hai la raccomandazione giusta”.
A Chieti, dopo avere appreso dai verbali pubblicati dal MIUR che un membro della commissione aveva segnalato le irregolarità commesse dai suoi colleghi, ho deciso di presentare istanza di acceso agli atti concorsuali. Ho così scoperto che uno degli idonei presentava tre monografie di ridottissime dimensioni pubblicate da una tipolitografia locale della provincia di Chieti (non una vera casa editrice: una tipolitografia locale!) presenti in ZERO biblioteche italiane e ZERO biblioteche straniere e che non aveva nemmeno un saggio su rivista scientifica dotata di referee anonimo. Alcuni commissari a Chieti hanno giudicato tali lavori alla stregua di “capolavori della sociologia politica contemporanea” (giudizi pubblicati online), rifiutandosi di valutare – come emerge dai verbali e come è scritto nella segnalazione di un membro della commissione – la diffusione delle opere dei candidati nella comunità scientifica e la loro collocazione editoriale (criteri previsti dalla legge, ribaditi nella seduta preliminare dagli stessi membri della commissione e ripresi anche dall’AIS). Il professore “ribelle” ha dichiarato alle autorità competenti di essere stato “minacciato” di firmare i verbali perché altrimenti vi sarebbero state ritorsioni su alcuni candidati, i cui profili, già scritti ma non ancora firmati, sarebbero stati peggiorati con conseguenti danni per la loro carriera futura. La commissione ha così messo a verbale il proprio rifiuto di riconvocarsi per avere il tempo necessario a effettuare gli accertamenti necessari, in base al principio dell’autotutela della Pubblica Amministrazione invocato dal sociologo “ribelle” (4 voti contro 1: verbali online).
Uno dei fatti su cui si basa l’impugnazione è emerso in sede di accesso agli atti: nel plico di uno degli idonei, organicamente legato a una precisa componente accademica e da questa sostenuto, era presente un libro edito nel marzo 2009, a dispetto di un bando che si era chiuso nel luglio 2008. Il libro (anche in questo caso una monografia di ridottissime dimensioni) i cui contenuti corrispondono in larga parte al profilo del candidato voluto dalla Facoltà banditrice del concorso (la Facoltà di Scienze sociali) non avrebbe dovuto essere valutato, secondo quanto stabilito dalle leggi in vigore ribadite dalle numerose sentenze del Consiglio di Stato sulle opere in corso di stampa (che non possono essere valutate nei concorsi universitari). Per accedere agli atti concorsuali e ottenere una dichiarazione scritta del responsabile Ufficio Concorsi dell’Università di Chieti, attestante le violazioni formali e sostanziali della procedura concorsuale, ho dovuto richiedere l’intervento di una gazzella dei Carabinieri presso il Rettorato. Il mio unico sollievo in quelle giornate così tetre mi è provenuto da alcuni dipendenti del Rettorato di quell’Università, i quali, in presenza di testimoni, mi hanno detto: “Fai bene! Bravo! Impugna al TAR che è una vergogna! I commissari di sociologia politica sono andati avanti a litigare fino alle 23 e uno di loro è poi stato anche ricoverato per un malore al cuore. Lo sappiamo bene perché anche noi siamo tornati a casa di notte” (il professore “ribelle” aveva finito per sentirsi male: anche questo è scritto nei verbali!). Al momento della chiamata dell’idoneo, il Consiglio della Facoltà di Scienze sociali si è diviso. Dieci (10) professori hanno votato a favore; nove (9) professori si sono assentati. Due professori, che erano venuti a conoscenza dell’intervento dei Carabinieri presso il Rettorato, hanno abbandonato per protesta il Consiglio di Facoltà, lasciando a verbale una dichiarazione in cui esprimevano forti critiche sulle procedure seguite nella stesura del bando di concorso e nel modo di procedere alla chiamata dell’idoneo (accesso agli atti da parte del ricorrente).
Durante l’ultimo convegno di Sociologia dell’AIS a Milano-Bicocca, in seduta plenaria, alcuni sociologi hanno cercato di individuare i requisiti minimi per garantire un minimo di imparzialità nella selezione dei candidati più meritevoli. Tra questi, la collocazione editoriale delle opere e la loro diffusione nella comunità scientifica. Ho trovato la cosa grottesca. La mia esperienza mi insegna che il problema della sociologia italiana è un problema culturale e che non vi sono regole scritte che possano porvi rimedio. La mancanza di senso della funzione pubblica è estremamente radicata tra i sociologi e vi è un’inciviltà, diffusa e profonda, a vari livelli. Nella sociologia italiana il merito non ha alcuna importanza. Non dico che è secondario, dico che è del tutto irrilevante. Si può vincere un concorso soltanto se si appartiene a una componente potente, fatta eccezione per i soliti casi “rari e eccezionali”, che per fortuna esistono.
Dopo la pubblicazione di “Anatomia delle Brigate rosse” alcuni ordinari della mia disciplina hanno detto che io non sarei un sociologo della politica, ma un sociologo generalista (nonostante sia iscritto alla sezione di Sociologia politica da dodici anni). Nei concorsi di sociologia generale, però, sono stato respinto perché, così è scritto nei verbali, “la produzione scientifica del candidato Alessandro Orsini pertiene alla sociologia politica” (ma insomma, mettetevi d’accordo!). In questi mesi di concorsi imminenti, sono stato definito dagli ordinari della mia disciplina come segue: “Psicologo sociale”, “Storico contemporaneista”, “Storico delle rivoluzioni”, “Storico delle dottrine politiche”, “Sociologo dell’economia”, Sociologo generalista”, “Storico dell’Italia repubblicana”, “Storico del terrorismo nell’età moderna e contemporanea”. A Milano non ho potuto trattenermi dal ridere quando un ordinario (un ordinario di peso) mi ha detto: “Orsini, ho letto il tuo libro. Secondo me, è più un libro di storia moderna, cioè no, forse storia moderna no, però credo storia contemporanea. Sì, direi storia contemporanea”. E così mi sono ritrovato a ricevere uno dei massimi riconoscimenti europei alla saggistica scientifica per sentirmi dire (giuro che mi è stato detto): “Ecco, hai vinto il Premio Acqui Storia 2010: lo vedi che non sei un sociologo!”.
Le mie conclusioni? Non mi aspetto giustizia dall’accademia italiana. Le mie uniche speranze le ho riposte nella magistratura. L’unico modo per uscire dalla crisi in cui si trova la sociologia italiana è un patto generazionale tra i giovani studiosi. Il patto è: i concorsi truccati si impugnano. Se i commissari disonesti avranno la certezza del processo amministrativo (in alcuni casi anche del processo penale) e della ricusazione nei concorsi futuri, le ingiustizie diminuiranno.
Il mio proposito per il futuro? Continuare a non aderire a nessuna componente accademica. Vorrei una sociologia diversa che dica ai giovani studiosi: “Studia, pubblica articoli interessanti e vincerai i concorsi”. Ciò che un giovane studioso impara, sin dalla sua prima socializzazione nella sociologia italiana, è: “Legati a un gruppo accademico potente”. Quando mi reco a Boston o a Washington, la prima domanda che mi sento rivolgere dagli studiosi che non mi conoscono è: “What’s your topic?”. In Italia, la prima domanda che riceve un giovane dottorando di ricerca è: “Con chi collabori?”. E non venite a dirmi, come qualcuno ha già fatto, che ciò di cui parlo riguarda la crisi dell’istituzione universitaria e non la crisi della sociologia. Scusate, i sociologi si formano nelle Università oppure nelle pizzerie? Dove vengono organizzati i dottorati di ricerca? Dove avviene la trasmissione delle competenze e dell’etica professionale del sociologo, se non nelle Università? Se la selezione non premia il merito; se ai sociologi del domani viene insegnato che bisogna inchinarsi ai “signori dei concorsi” piuttosto che coltivare l’autonomia intellettuale e l’inclinazione allo spirito critico, chi porterà la sociologia italiana fuori dalla crisi?
Ai giovani sociologi pieni di passione che guardano sconcertati a questo dibattito, dico: non abbiate paura. Nella sociologia italiana esistono forze sane e professori coraggiosi che stanno cercando di organizzarsi. Ne ho conosciuti, ci sono. Le cose cambieranno. Il futuro sarà migliore.
Alessandro Orsini
Ricercatore di Sociologia politica, Università di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Lettere e Filosofia
ciao
scusate se non metto nome e cognome (almeno, non ancora…). Sono anna ho 40 anni.
Ho la prima udienza del mio ricorso al TAR di MIlano tra pochi giorni. Beffata da una commissione con un capomafia e due accoliti, mi sono ritrovata a dover gareggiare io che insegno stabilmente da precaria dal 2000, con 7 volumi e una quantità sterminata di pubblicazioni, con una neodottoranda milanese che ha avuto una carriera quanto meno sospetta. Finita la laurea subito il dottorato con borsa nella stessa università, e appena finito il dottorato, con un paio di workshop al suo attivo e una monografia che è la sua tesi, mi ha surclassato al concorso per ricercatore a tempo indeterminato. Senza titoli, e comunque neanche a paragone dei miei 25 contratti di insegnamento dentro l’Università e pubblicazioni. Una cosa da vergogna. Più di un anno per avere l’udienza e tra poco si saprà qualcosa. Ho fatto ricorso perché “sbadatamente” all’orale si sono dimenticati di interrogarci….Proprio così…da non credere perché infatti è impossibile: hanno solo chiesto le generalità. A tutti che sono ora miei testimoni.
Sono così tranquilli di farla franca, così certi che non ci sarà nessuno a fare ricorso che si permettono di mostrare quanto stiano bene dalla parte dell’illegalità—Tenete le dita incrociate per me…L’avvocato sta facendo il suo dovere, loro sono dei delinquenti da mettere in galera e io so di aver ragione.
ANna
Quando feci il concorso di dottorato in sociologia della comunicazione a Urbino nel 2004 una borsa di studio venne assegnata ad una neolaureata in giurisprudenza. Il sottoscritto aveva già un master e le prime pubblicazioni e finì quinto. Boh!
Commento sulla nota di Alberta Giorgi, per DiversamenteStrutturati
Cara Alberta, ottima risposta! Eppure, permettimi di dire che i Tribunali Amministrativi Regionali non sono gli organi adatti per ottenere quel che sia voi che io vogliamo ottenere, ossia che i concorsi siano sempre e comunque vinti dai candidati più bravi.
Come senz’altro sai, i TAR non hanno alcuna competenza sul merito. Le valutazioni di merito sono infatti inappellabili. E quindi, si possono dedicare solo al ciarpame amministrativo che vale solamente in Italia: aspetti formali, marche da bollo, fotocopie e quant’altro che non ci dicono assolutamente nulla sul valore accademico dei singoli candidati.
Per queste ragioni, sono del tutto contrario ad utilizzare i TAR per rendere rendicontabile la vita accademica italiana. Preferirei qualcosa di più simile ai Tribunali del popolo, togliendo però il termine “popolo” e sostituendolo con un termine meno ideologico.
Roberto Perotti, ad esempio, ha iniziato a pubblicare sul suo sito le pubblicazioni dei vari candidati, mostrando che spesso i candidati che vincono sono quelli con minori pubblicazioni. Michele Boldrin ha sollevato uno scandalo per un concorso a Roma Tre, vinto da un’economista che aveva vistosamente meno titoli degli altri 4 concorrenti.
Userei anche un po’ di indicatori bibliometrici (anche se sono meno affidabili agli inizi della carriera di uno studioso) per mostrare il livello dei vari candidati.
Ed infine, credo che sia molto utile valutare anche il profilo scientifico degli esaminatori: le buone commissioni fanno vincere i buoni candidati e viceversa. Con la speranza che gli studiosi scarsi, invece di imperversare nelle commissioni concorsuali, si rinchiudano in biblioteca cercando di produrre qualcosa di utile che finora non hanno prodotto.
Il tuo Paolino Rossi
Caro Paolino Rossi,
da un lato hai sicuramente ragione (motivo per cui immagino che la tua proposta di “tribunale del popolo” sia provocatoria…): no, non abbiamo i cv degli altri candidati e sì, sicuramente il diritto di replica è fondamentale, come è vero che spesso alcuni sparano a zero su colleghi di cui non sanno nulla.
La solidarietà sta nel fatto che, a differenza di altri, convinto delle sue ragioni Orsini ha fatto ricorso al TAR, trovando il coraggio di denunciare quello che per lui è un sopruso. Molte persone, invece, oltre a subire si rendono complici di questo sistema e pur riconoscendo e lamentando la scorrettezza di alcuni comportamenti non si sognano di metterci la faccia, né la reputazione.
A me pare, questo, un comportamento molto coraggioso e da sostenere. Un comportamento che dovrebbe essere normale, eppure…che polemiche, scatena.
Mi sembra che, nel bene e nel male, collettivamente e singolarmente, stiamo mettendo in discussione un intero sistema, anche sul piano culturale. Ti pare poco? A me no. Le precisazioni, le critiche, le polemiche, le discussioni, sono sempre positive e il confronto porta molto lontano. L’antipatica penna rossa, no. Nessuno, qui, si sogna di essere supponente, né di dare facili e frettolosi giudizi. Del resto, come capirai, sono questioni che ci coinvolgono in prima persona.
Alberta Giorgi, per DiversamenteStrutturati
Cari Destrutturati,
sulla base di quali informazioni siete solidali con Alessandro Orsini? Avete valutato i curriculum degli altri concorrenti? Avete le competenze scientifiche e quelle istituzionali per farlo? Orsini ci ha presentato un caso: da quello che ci dice è probabile che abbia ragione, ma non sarebbe il caso di dare almeno diritto di replica alla controparte? Il gangster accademico non è solamente quello che usa i soldi del contribuente per promuovere i propri porta-borse, ma anche quello che spara sui colleghi ritenendosi più bravo senza neppure prendere in considerazione quel che fanno gli altri.
Propongo allora ai Destrutturati che hanno manifestato solidarietà ad Orsini di fare un contro-concorso, prendere in considerazione i titoli di tutti i candidati e poi di pronunciarsi. Potrebbe diventare una prassi utile per punire, motivatamente, i molti abusi accademici che subiamo in Italia.
Come DiversamenteStrutturati siamo solidali con Orsini (fa sempre bene ripeterlo ed esplicitarlo…).
Abbiamo trovato l’interessante articolo di Ferrarotti, nell’archivio de l’Unità, tuttavia non lo abbiamo ancora postato perché non si legge bene…stiamo cercando di risolvere il problema!
Tutti Lo citano, ma a meno di uscire di casa ed andarLo a cercare di persona, parea impossibile reperirLo; L’Unità (4 giugno 1990) intitolato “come nasce il gangster accademico”.
Professore, Docenti, Concorsuari.. Dotti ed Edotti in genere, aiutate un semplice “tipo” a comprendere ed a comprenderVi, se vorreste esser così gentili da..
Firmato
Un ignorante digitale
@ Dr. Orsini
E dimenticavo, Dottore, grazie per il gesto civile.
Cordiali saluti,
rosa
Re: Max Weber e la valutazione dei meriti ai concorsi
Caro Max,
grazie della sua risposta e della sua attenzione.
No, non sono io che aggiorno la pagina di Wikipedia del Dr. Orsini. Le rispondo in ordine:
1) credo (sempre istintivamente) che ciò che è successo al Dr. Orsini sia stato pubblicizzato per parlare di un problema generale più che della sua singola vicenda. La stessa cosa è successa per altre persone (esempio: Sandra Savaglio), per questo arrivo a questa conclusione. Del resto, come avrà avuto modo di constatare, è da un bel po’ a questa parte che si sta parlando con sempre maggiore enfasi di come risanare le anomalie del sistema universitario italiano, perciò l’argomento era un \caldo\, come si dice in gergo giornalistico.
2) \Pompare i meriti al di là dei meriti\. Nel mio messaggio sono stata molto prudente in tal senso: ho scritto \se è davvero così bravo…\ e \ceteris paribus\, cioè \a parità di condizioni\; questo vuol dire: \Se è così bravo, a parità di condizioni, e cioè se i concorsi si svolgono in maniera pulita, ecc. ecc. ecc.\. Mi sembra un criterio equo e, sia ben chiaro, non solo per il Dr. Orsini! E del resto chi dice che i meriti del Dr. Orsini sono \pompati\? Questo può essere stabilito solo da chi ne ha le competenze (in maniera non totalmente oggettiva, è chiaro, ma ciò vale per chiunque). Il mio, le ripeto, era un discorso generico.
In bocca al lupo a tutti i candidati preparati, seri e onesti!
Ancora grazie e cordiali saluti,
rosa
Mi complimento con Alessandro Orsini… se altri facessero come lui ci sarebbe la speranza di un vero contributo alle sorti di questo nostro povero paese …
Grazie a Lei Alessandro
Cara Rosa,
che bella nota e che fortunato deve essere Alessandro di avere una rosa che con le sue spine corre in sua difesa! E a proposito di auto-promozione, mi chiedo se per caso sei anche tu la stessa persona che con il nickname de Ildruido99 corregge la pagina di wikipedia, forse un po’ auto-promozionale, di Alessandro Orsini
http://en.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Orsini_(sociologist)
Ma comunque su una cosa, Rosa, siamo d’accordo: i concorsi li devono vincere sempre e comunque i migliori. Se poi, quando questo non succede, sia opportuno farne scandalo su un quotidiano nazionale, è forse non sempre opportuno, ma è utile perché i commissari presenti e futuri siano avvertiti. Se poi bisogna pompare i meriti del candidato ingiustamente perdente anche al di là dei suoi meriti, beh, questo forse è un po’ troppo…. Il tuo certamente non modesto Max Weber
Per Max Weber
Egregio Max Weber (la sua modestia si nota dal nick…),
non credo (istintivamente) che il Dr. Orsini sia superbo. Non so se con le sue pubblicazioni il Dr. Orsini potrebbe avere un posto da professore associato in una prestigiosissima università americana, ma mi pare di capire che lo chiedesse in una università di una piccola città italiana, il che, perdoni, è molto diverso. Se davvero il Dr. Orsini è così bravo, merita il posto in questione almeno qui in Italia (ceteris paribus, è ovvio). Non capisco poi come lei faccia a consigliare al Dottore di andare a lavorare all’estero per avere una possibilità di confronto… Non mi sembra che abbia lavorato nel chiuso di uno scantinato, in un paesino italiano di alta montagna senza la luce elettrica… Infine, caro Max, le università americane sono quelle della “Ivy League”, non della “Ivory League”!
Grazie dell’attenzione e cordiali saluti,
rosa
Caro Orsini,
mi sono incuriosito alla tua vicenda leggendo l’articolo di oggi sul Corriere della Sera. Fai bene ad indignarti. Ma non esagerare con il narcisismo accademico. Da quello che capisco, avevi certamente più titoli di chi ha vinto il concorso, ma da qui a poterti ritenere il Max Weber del XXI secolo ce ne corre, eccome. In tutta sincerità, sono sicuro che tu sia un ragazzo in gamba, ma mi sembra che ci sia un eccesso di auto-promozione. La Cornell University Press è buona e senz’altro più prestigiosa della Tipografia di Chieti, ma non basterebbe certamente per avere un posto come Associate Professor in una Ivory League University degli Stati Uniti. Vedo che hai pubblicato diversi libri in italiano, ma vedo anche che non hai pubblicato alcun saggio su riviste straniere e che le tue opere non sono (ancora?) entrate nella letteratura sociologica internazionale. Insomma, sei giovane, sei promettente, ma come molti hai ancora molte pagnotte da mangiare per crescere.
Seguo quindi la tua vicenda con emozioni alterne. Da una parte, non bisogna mai derogare dal principio che i concorsi li debbano sempre e comunque vincere i migliori. Per il bene loro e per il bene del paese. Dall’altra, mi sembra proprio che i migliori abbiano anche un vizio di eccessiva superbia (forse per questo sono i migliori?), e questo sia nocivo per una salutare vita accademica.
Un ultimo consiglio: fai domanda per andare a lavorare all’estero. Sarebbe un modo per confrontarti, nel bene e anche nel male, non solo con i polli di batteria dell’accademia italiana…..
Il tuo affezionato
Max Weber
«In un´altra cultura avremmo visto probabilmente manifestazioni pubbliche, esibizioni delle vergogne su lenzuolate di nomi, proteste di associazioni e di sindacati, inchieste di magistrati, interrogazioni parlamentari. Nel libro di Perotti [= “L’università truccata”, Einaudi] c´è quanto basterebbe in un paese dotato di un vero governo e di una vera opposizione per mettere in movimento almeno una inchiesta parlamentare. Anche perché gli intrecci osceni che avvengono nei concorsi non sono fatti solo di dinastie familiari. Come tutti sanno, il vigente principio dello “ius loci” affida al potere delle cosche accademiche localmente prevalenti la selezione delle nuove leve di docenti attraverso il paravento di finti concorsi. Su questa materia è stato detto tutto. Non è stato fatto nulla. Quel che è stato fatto è un disastro bipartisan che negli ultimi anni, col sistema del tre per due e con la regola concorsuale dello “ius loci” ha svenduto le residue energie dell´università italiana, ha riempito le scuole di ignoranti e ha moltiplicato le etichette di fantasia per fare posto agli asini obbedienti al potere del capocosca locale.»
(http://www.step1.it/index.php?id=4677-stragi-di-speranze-e-di-intelligenze )
Sapete chi ha scritto queste parole sacrosante?
Quello stesso Prof. Adriano Prosperi che ora -rivolgendosi non ai lettori di Repubblica ma ai colleghi modernisti- loda il sistema della cooptazione. Identica opinione di questo singolare sistema di selezione del personale universitario ha oggi espresso, sempre sulla mailing list della SISEM, il Prof. Massimo Firpo (Università di Torino).
A distanza di due anni è forse il caso di riflettere sul rapporto fra le baronie accademiche e il movimento degli studenti e dei lavoratori precari dell’università. Il taglio dei fondi deciso da Tremonti e dalla Gelmini spiaceva agli uni e agli altri: noi però protestavamo contro chi ci ruba il futuro, i baroni temevano invece il venir meno del loro potere.
Caro Orsini, Ho letto con interesse partecipe il suo messaggio sul degrado della situazione italiana. Mi permetto di segnalarle un mio articolo di molti anni fa su L’Unità (4 giugno 1990) intitolato “come nasce il gangster accademico”.
Un cordiale saluto,
Franco Ferrarotti
Errata corrige.
La lettera apocrifa può essere letta al sito:
http://www.mediafire.com/?rbmq78vnwpa3dr4
Lo scandalo dei concorsi truccati ha toccato ora anche la storia moderna.
Il 15 ottobre 2010 la Prof.ssa Susanna Peyronel ha comunicato a tutti i destinatari della mailing list della SISEM (Società Italiana di Storia dell’Età Moderna) che qualcuno aveva inviato al Ministro Gelmini e a numerosi politici e quotidiani nazionali una lettera firmata falsamente col suo nome.
La lettera può essere letta al sito:
http://www.mediafire.com/?1v6l8j13do1jvdp
L’autore di tale lettera rivelava la presunta irregolarità con cui il 4 ottobre 2010 si era svolto presso l’università Cà Foscari di Venezia il concorso per 1 posto da ricercatore nell’area M-STO/02. Si denunciava inoltre che con presunti accordi illegali si era stabilito che al prossimo concorso presso l’università di Macerata dovesse vincere una studiosa sponsorizzata dal Prof. Adriano Prosperi.
Oggi, 19 ottobre 2010, il Prof. Prosperi ha inviato sulla mailing list della SISEM la seguente e-mail:
«Cari membri della Sisem,
giorni fa ho avuto notizia dell’esistenza di una lettera apocrifa relativa ai concorsi nella quale si faceva il mio nome. Avevo deciso di ignorarla, come si conviene a tutto ciò che è frutto del metodo – purtroppo sempre più diffuso in Italia – del ricorso al documento “finto vero” per provocare uno scandalo inteso a travolgere la nozione stessa di verità . Oggi mi decido a intervenire perchè la divulgazione di quella lettera attraverso la mailing list della SISEM ha realizzato involontariamente il vero progetto dell’autore di questa porcheria, che dietro il fine conclamato di ottenere un intervento ministeriale voleva solo raggiungere i membri della corporazione universitaria degli storici moderni e certo non poteva immaginare tanta e così gratuita pubblicità.
Le considerazioni che vorrei sottoporvi sono due: la prima riguarda la rappresentazione del meccanismo dei concorsi come un sistema di generale corruzione e scambio di favori tale da provocare la vittoria degli indegni e la sconfitta dei meritevoli. Ora, se questa rappresentazione corrispondesse a verità ne deriverebbe che tutti coloro che esercitano a qualunque titolo la professione di docente universitario dovrebbero seduta stante essere dimessi d’autorità dal loro ufficio per conclamata indegnità. E’ una ipotesi che credo non corrisponda all’opinione diffusa intorno alla comunità scientifica degli storici italiani dell’età moderna. Questo non vuol dire che non ci siano stati e non continuino a esserci errori e ingiustizie nel meccanismo dei concorsi. Resta il fatto che in materia di concorsi in Italia come nelle altre società democratiche il compito di selezionare i quadri della ricerca e della docenza è affidato alla cooptazione e dunque richiede un giudizio dei “maestri” sugli “apprendisti” della corporazione. Si tratta della sopravvivenza di un modello antico che trova la sua ragione di esistenza nel principio a mio avviso essenziale dell’autonomia della scienza. E dunque se le riforme dell’università, sempre più urgenti e colpevolmente trascurate nell’agenda del governo, potranno e dovranno abolire molti ostacoli al funzionamento del sistema e renderne più trasparenti e meno tortuose le procedure, resta il fatto che affidare la selezione ad altre agenzie e ad altri poteri aprirebbe la porta a conseguenze gravissime che nessuno di noi auspica. E del resto l’autore della lettera apocrifa non si muove in questa direzione: l’ appello al ministro e all’opinione pubblica non si propone in realtà di correggere le ingiustizie di cui parla. Anche se dichiara di volerne denunciare alcune, è lecito dubitare che tale sia la sua intenzione. Per quanto si dimostri ben addentro alla materia dei concorsi recentemente svolti e in fase di svolgimento tanto da lasciar trasparire un profilo forse non difficile da individuare, non è in grado di esibire nessuna prova effettiva della sua tesi apparente, mentre il suo obbiettivo resta molto più preciso e circoscritto. Vediamolo.
Si tratta di sollevare un polverone intorno a due concorsi, uno già fatto e l’altro in corso. La mia seconda considerazione riguarda non il dato ormai felicemente definitivo del concorso a ricercatore di Venezia – per il quale vorrei dire che l’esito ha premiato una studiosa di grande qualità, conosciuta e stimata in Italia e fuori d’Italia, da tempo più che degna di essere cooptata nell’università – ma quello che appare come l’obbiettivo reale dell’azione di inquinamento e di intimidazione che la lettera si prefigge: il concorso che si sta svolgendo all’università di Macerata dove lo scrivente riveste il ruolo di “membro interno”. L’ignoto sicario afferma che molti sarebbero in grado di depositare presso un notaio il nome di chi uscirà vincitore da questo concorso. Il che può voler dire due cose: o che una segreta congiura ha fissato con procedure tenebrose i nomi dei vincitori violentando il giudizio di valore della comunità scientifica, oppure che tale giudizio di valore è così diffuso e condiviso che ogni membro della comunità suddetta può senza sforzo dedurre chi sia più degno di vincere quel determinato concorso.
Qui mi arresto, scusandomi per il tempo che ho sottratto ai lettori. Sto concludendo in questi giorni una lunga carriera di docente. Quello che ho fatto in bene e in male nell’Università italiana è ormai quasi completamente alle mie spalle. Posso assicurarvi che l’unica mia intenzione nell’accettare l’invito di una sede universitaria lontana dalla mia a fare da membro interno è stata quella di sacrificare una parte del tempo che la vita mi lascia e che vorrei dedicare a liberi studi per operare ancora una volta nel contesto faticoso e burocraticamente laborioso dei concorsi in una situazione che so quanto sia resa difficile e amara per la chiusura degli accessi alla docenza – problema vero, di origine politica e non addebitabile al corpo dei docenti. Mi sono proposto di operare anche questa volta per il meglio di quel mondo universitario e di quegli studi ai quali ho dedicato la mia vita. Il che non mi mette al sicuro dall’errore. Ma mi sottopongo ancora una volta al giudizio della comunità scientifica dichiarando con la massima tranquillità e fermezza che non mi lascerò certo intimidire da chi, nascondendosi dietro un nome non suo, dimostra di non avere il coraggio morale e intellettuale delle sue opinioni e perciò si condanna in partenza a vedersi coperto dal fango che vorrebbe gettare sugli altri.
Adriano Prosperi»
Dispiace che l’estensore della lettera apocrifa non abbia avuto il coraggio di procedere ad una regolare denuncia presso gli organi giudiziari.
Sembra tuttavia più che singolare la difesa che Prosperi fa del sistema di selezione del personale accademico attraverso la cooptazione degli “apprendisti” da parte dei “maestri”. Appare inoltre un autentico insulto all’intelligenza dei lettori l’ipotesi che la vittoria della candidata sostenuta dal Prof. Prosperi avverrà perchè «tale giudizio di valore [sulla candidata] è così diffuso e condiviso che ogni membro della comunità suddetta può senza sforzo dedurre chi sia più degno di vincere quel determinato concorso».
Non sarà fuori luogo ricordare che Adriano Prosperi è noto ben oltre i confini della modernistica, in quanto editorialista di “La Repubblica”. Molti di voi avranno letto i suoi articoli vibranti di passione morale. Dispiace che in quest’occasione abbia invece voluto difendere i principi di cooptazione e baronaggio.
Grazie, Alessandro, per il tuo coraggio. E non è retorica…
Scrivo, appena tornato da RomaLaSapienza, dove prefiguro una situazione del genere presso la Facoltà di Psicologia2 (concorso per R.U.).
Su internet stavo cercando informazioni sulle modalità di accesso agli atti poichè credo che siano state valutate come valide delle pubblicazioni uscite solo dopo la scadenza del bando.
Purtroppo però da diversi colleghi apprendo che anche l’eventuale ricorso può essere destinato a fallire per le connivenze fra molti accademici strutturati e i giudici del Tar…
Da parte mia, 21 pubblicazioni nazionali e internazionali, molte a nome unico, membership in comitati scientifici di riviste internazionali, 7 monografie. Non solo questo ovviamente…
Coraggioso Alessandro,
non scrivo solo per complimentarmi dei tuoi lavori e riconoscimenti, ma sopratutto per la tua passione e tenacia.
Studio e vivo in una piccola cittadina del Sud, Lecce, e qui, nel mio corso di sociologia, tra professori capaci e altri un pò meno, la prima cosa che mi è stata trasmessa e ho amabilmente percepito è che la Sociologia non può essere altro che critica e riflessiva. Il momento del confronto diviene indispensabile per la crescita intuitiva dei troppi fenomeni che ci circondano. Purtroppo questo oramai da momento di confronto diviene momento di conforto, soprattutto quando ci si trova di fronte a tali sconcertanti ed evidenti situazioni.
Fai bene a non demordere.
Con stima
Maya