Vademecum docenze a contratto CPU

Viste la confusione e l’opera di disinformazione portata avanti in molte sedi universitarie, riteniamo importante informare correttamente i lavoratori precari che tengono o intendono tenere corsi universitari sulle novità realmente introdotte dalla legge 240/10.
Dal 29 gennaio 2011 non è più in vigore le disciplina delle docenze a contratto introdotta dalla “riforma Moratti” del 2005. Tutti i bandi pubblicati successivamente a tale data e che fanno riferimento alla legge 230/05 sono quindi irregolari. La nuova legge introduce due tipologie di docenza a contratto:
1) docenze “alta qualificazione” rivolte ad esperti in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. Tali contratti possono essere gratuiti o a compenso libero (da 1 euro in su) e possono essere attribuiti solo a chi sia dipendente di altre amministrazioni, pensionato o lavoratore autonomo (in quest’ultimo caso è previsto un reddito minimo di 40000 euro annui, evidentemente per evitare di creare i docenti a partita IVA). Non si tratta di contratti di docenza che possono essere rivolti a precari.
2) docenze “adeguati requisiti scientifici e professionali” rivolte a chiunque abbia i titoli per partecipare alla procedura di valutazione comparativa per l’attribuzione del contratto. Questi sono i contratti di docenza rivolti ai precari e il compenso deve essere fissato a livello nazionale dal MIUR (niente affidamenti gratuiti o a cifre simboliche, quindi).
E’ evidentemente del tutto falso che i precari non possano più avere contratti di docenza.
C’è però una temporanea situazione di blocco delle sole docenze di tipo 2) perché il MIUR, così come per gli assengi di ricerca, non ha ancora emanato il decreto attuativo che deve fissare la modalità contrattuali, tra cui il compenso. Per le docenze di tipo 1), invece, non c’è bisogno alcun decreto attuativo.
La vera limitazione sta, dunque, nel disporre irresponsabilmente del tempo e delle opportunità di lavoro degli attuali ricercatori precari

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